Up Helly Aa: brucia la lunga nave vichinga, 1973. Foto |
A Lerwick, capoluogo delle isole Shetland, nella notte di ogni ultimo martedì di gennaio, squadre di guizers in costumi vichinghi e torce in mano, incendiano nel centro della città una
replica di una "lunga nave”, con la prua dalla testa di drago.
Pitea “aveva udito che essa è la più settentrionale delle isole britanniche, sei giorni più a nord della Britannia e vicina quasi un giorno soltanto dal “Mare Gelato” (…) in cui terra e mare e tutto galleggia (…) cosa che non può essere oltrepassata da uomini e navi (…) vi è terra abitabile fino alle “parti estreme intorno a Thule”. |
Pitea è il geografo, navigatore e astronomo greco di Marsiglia (allora Massilia) che, alla fine del IV secolo a.C., effettuò il suo celebre e avventuroso viaggio verso le terre boreali europee. Fino a giungere a quella che venne definita l’isola di Thule o Ultima Thule: “estrema regione abitata e abitabile, oltre la quale era dominio del mare, della nebbia, delle tempeste, dei ghiacci”. Secondo alcuni Thule sarebbe individuabile nelle isole Shetland. Secondo altri potrebbe essere la Norvegia o, perfino, l’Islanda.
Il grande Tolomeo nella sua Geografia del 150 d.C. propende per le isole Shetland, a nord della Scozia “e sulla terraferma della Eurasia, presso a poco alla stessa latitudine, i Monti Iperborei, dai quali scorrono le fonti del Volga (Rha)”.
Non so se questo arcipelago nordico sia la Thule, più o meno “Ultima”, dell’avventuroso greco. Senz’altro per me l’isola di Mainland rappresentò allora il punto più settentrionale toccato nella mia vita. Tanto più che il particolare aspetto geo-astronomico veniva immediatamente confermato, se ce ne fosse stato ancora bisogno, dal rigido clima invernale. Connotato da un gelo così intenso da penetrare nelle ossa. Spesso accompagnato da impressionanti raffiche di vento, capaci improvvisamente di sospingerti. Cosa invero preoccupante, specialmente quando andavo ad ammirare le splendide e imponenti scogliere dell’isola strapiombanti sul mare. Tanto da costringermi, precauzionalmente, ad osservarle dal ciglio, rimanendo accuratamente “ventre a terra”…
E dire che l’anno appresso, a neanche nove mesi di distanza, avrei addirittura raggiunto il punto più vicino al Polo Magnetico. A Resolute Bay (Lat 74° 41’ N), nell’Alto Artico canadese, nel corso del mio survey antropologico tra gli eschimesi (Inuit).
Poi, venti anni dopo, nelle norvegesi isole artiche delle Svalbard in due occasioni avrei oltrepassato quella latitudine. Prima a Longyearbyen (LAT 78° 13’ N), il capoluogo. Successivamente a Ny-Ålesund (LAT 78° 55’ N), la storica “Baia del Re”, in occasione dell’inaugurazione della Base italiana Dirigibile Italia.
Eppure nel 1982 potevo ritenermi più che soddisfatto per quello che, all’epoca, costituiva il mio record personale. Per la prima volta in vita mia io, che avevo effettuato ricerche sul campo solo nei paesi tropicali, potevo addirittura pensare di trovarmi ben più a nord, di quel che ero in realtà. Come i numerosi protagonisti delle avventurose spedizioni esplorative ed etno-antropologiche, che mi avevano così tanto affascinato da ragazzo.
L’idea di realizzare questo libro, rendendolo disponibile ad una più ampia platea di lettori, rispetto a quelli che avevano avuto modo di leggere i miei articoli sull’argomento, pubblicati su riviste e giornali, è venuta guardando alcune puntate di: Shetland, una serie televisiva prodotta dall’ITV, per la BBC Scotland. Il cui protagonista era un detective della polizia di Lerwick che, ovviamente con successo, indagava sugli omicidi perpetrati nella Mainland, la principale isola dell’arcipelago. Tra l’altro era originario di Fair Island, l’isola più meridionale, a metà strada tra le Shetland e le Orcadi.
Inaspettatamente ho provato una forte sensazione di nostalgia, osservando nuovamente sullo schermo quell’ambiente così completamente differente da quelli mediterranei. Quasi sempre caratterizzato da chiaroscuri di inusitata, seppur singolare, bellezza. Che si fanno presto da parte, dopo uno forte scroscio di pioggia, lasciando spazio a vividi colori, che paradossalmente fanno la loro comparsa, uno ad uno. I panorami maestosi, le gigantesche scogliere a picco sul mare, le nuvole basse, l’atmosfera decisamente subartica, mi hanno fatto tornare alla mente che quelle isole potevano realmente rappresentare, ca. 2.500 anni fa, l’ultima terra abitabile dell’ecumene. Perché, anche ad una latitudine del resto non eccessiva, avrei perfino potuto avere la fortuna di ammirare, alte nel cielo notturno, le sciabolettanti e fantasmagoriche aurore boreali dell’Ultima Thule…
Quel viaggio nordico, effettuato oltretutto in una stagione proibitiva (mese di dicembre), avrebbe rappresentato per me il primissimo approccio ad una realtà ecologico-culturale radicalmente diversa da tutte quelle che fino ad allora avevo conosciuto (Sudan, Kenya, Messico). Che l’anno appresso, con il mio survey tra sei comunità Inuit dell’Artico canadese, si sarebbe andata rafforzando. Poiché nel mitico Passaggio a Nord-Ovest mi sarei spinto ancora più a nord, a non moltissima distanza dal Polo Magnetico, come ho già accennato…
Tra l’altro in quelle isole scozzesi l’ex africanista, quale io ero, avrebbe “incontrato” per la prima volta i Vichinghi. Un iniziale approccio, che si sarebbe dovuto consolidare in seguito. Poiché le Shetland inconsapevolmente rappresentarono la prima di numerose “tappe” del mio futuro peregrinare sulle tracce del cosiddetto movimento vichingo d’oltremare, che mi avrebbero condotto: ancora a sud-ovest (Orcadi, Scozia e Inghilterra nord-orientale, Ebridi Esterne, Fær Øer, Dublino), verso nord (Svalbard), verso ovest (Terranova, Islanda, Groenlandia, Labrador), verso sud (Normandia), verso est (Russia).
Dal punto di vista fondativo delle comunità marittime, che avrei in seguito avvicinato, i “Vichinghi” hanno costituito solo uno dei diversi aspetti, anche se tra i più importanti e avventurosi, presenti nell’intero quadro. Grazie al quel viaggio di studio o, se volete, di reconnaissance, prima delle Shetland, poi delle meridionali Orcadi, sia pure involontariamente sarebbe stato gettato il primo seme di ciò che anni dopo si sarebbe trasformato nel mio Programma sulle Comunità Marittime dell’Atlantico Settentrionale.
Comunità isolane che, anche se spazialmente assai distanti tra loro, esibiscono numerosi tratti in comune. Infatti, oltre alla presenza dei razziatori scandinavi, poi diventati pacifici coloni, quando si parla delle isole dell’Atlantico del nord non si può non accennare al loro isolamento geo-culturale, a volte anche linguistico (ad esempio: Fær Øer e Islanda).
Sempre dal punto di vista glottologico, le isole possono essere “dicotomizzate”, perché è possibile distinguere quelle di derivazione sostanzialmente celtico-gaelica, da quelle di lingua e cultura originariamente scandinavo-vichinghe. Inoltre va sottolineata la loro lontananza dalla madre patria. Quindi la difficoltà, o la totale assenza, dei collegamenti marittimi, specialmente in un passato, più o meno lontano. Il che spesso andava ad aggiungersi alla carenza o alla mancanza degli indispensabili rifornimenti, soprattutto alimentari (nella stagione invernale, ma anche in caso di ripetute e negative condizioni meteomarine). Capaci di provocare ricorrenti crisi esistenziali collettive. Tanto da rendere perfino impossibile la sopravvivenza. Così che, come extrema ratio, più volte si sarebbe ricorsi all’evacuazione dei loro abitanti. Come nel caso delle Ebridi Esterne (isola di Mingulay), o della ben più remota isola degli “uomini- uccello” di St Kilda. Oppure si è seriamente pensato di sgombrare tutti gli isolani (Islanda). (...)
Naturalmente ho integrato e aggiornato i dati inseriti nel volume, in modo da offrire al lettore un quadro il più completo possibile della “situazione” dell’arcipelago al 2019.
Ho inoltre inserito nel libro una "tappa" nell'Inghilterra settentrionale: Durham [dove mi trovavo per una ricerca nei Sudan Archives dell'Oriental Library della locale Università. Da qui, via Aberdeen, avrei raggiunto le isole] e l'escursione nel Lake District - Lago Windermere -.
Da: ULTIMA THULE. RICORDI DI UN VIAGGIO DI STUDIO INVERNALE NELLE ISOLE SHETLAND. E-book, e versione cartacea a colori (133 pp., 114 immagini, di cui 89 a colori) e in bianco e nero)
versione a colori: https://www.amazon.it/dp/1793119147 |
PREFAZIONE
TAPPA
NELL’INGHILTERRA SETTENTRIONALE: DURHAM E L’ESCURSIONE NEL LAKE
DISTRICT
Durham, “modello”
di Geografia Urbana
Warkworth,
Lindisfarne e Durham
Fondazione di
Durham
Sir Walter Scott,
le Shetland e Durham,
Dalle miniere di
carbone ai colleges universitari
L’escursione nel Lake District
STORIA DELLE
SHETLAND
I Pitti, i Brochs, Jarlshof
Jarlshof
Vichinghi,
Norvegesi, Dano-Norvegesi, Scozzesi
Gli arcipelaghi
delle Shetland e delle Orcadi offerti in garanzia alla Scozia
LA LINGUA, TRA
INGLESE E NORN
Il Folklore
L’Up-Helly-Aa
LEGAMI CON LA
NORVEGIA
L’ECONOMIA
Agricoltura
Allevamento
Pesca e
Itticoltura
Petrolio
NASCITA (CON
PECCATO ORIGINALE) E SVILUPPO DI LERWICK
Il “peccato
originale” di Lerwick: il contrabbando
La Storia dei Lodberries
L’ISOLA DI MAINLAND
Lerwick
Scalloway
Nel nord di
Mainland: la Gallows Hill (la
“Collina delle streghe”), Tingwall, Weisdale Voe, Esha Ness
Nel sud di
Mainland
LE CRISI
ESISTENZIALI COLLETTIVE
LE QUATTRO
RIVOLUZIONI CULTURALI
PRIMA RIVOLUZIONE,
1886: il Crofters' Act
SECONDA
RIVOLUZIONE, ‘1960: lana, maglieria, pesce refrigerato, artigianato d’argento
TERZA RIVOLUZIONE,
1971-1998: scoperta e sfruttamento di petrolio e gas
QUARTA
RIVOLUZIONE, 1998-oggi: contrazione estrazione petrolifera, rinascita e
sviluppo delle tradizionali attività economiche (crofting, allevamento, pesca, itticoltura), turismo
Petrolio, gas
Pesca e
itticoltura
Coltivazione,
allevamento, turismo
CONTRABBANDO E
PIRATERIA NELL’ARCIPELAGO
I NAUFRAGI
In Scozia
Protezione dei
relitti di importanza storica
Nelle Shetland
Le basi a terra
dell’haaf: Walls e Stenness (Mainland)
Naufragi
“importanti” e relitti tutelati dalla legge: XVII-XVIII secolo
Durante la Grande
Guerra
Nella Seconda
Guerra Mondiale
FAIR ISLE
1. Il naufragio di
El Gran Grifón, 1588
2. Naufragi,
1868-1894
3. L’anno del disastro, 1897
L’antefatto
La tragedia ha
inizio
La richiesta dei
soccorsi
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