Dayak in costume, Bock 1881 |
Tra i miti e le realtà del BORNEO favoloso: l’esploratore ed etnografo norvegese CARL ALFRED BOCK (1849-1932), uno tra i primi studiosi dei Dayak
Nel XIX secolo il boom europeo delle scienze naturali comporterà la fondazione di musei e società geografiche, ma anche l’effettuazione di numerose spedizioni, dirette in special modo verso Africa e Asia.
Da solo l’arcipelago indonesiano ne accoglierà oltre un centinaio... Alcuni partecipanti andranno là per la scienza, altri alla ricerca di avventure.
Il materiale complessivamente raccolto risulterà comunque prezioso per gli studiosi.
Pochi gli scandinavi che “sceglieranno” l’Asia.
Ancor meno quelli che scriveranno sulle loro esplorazioni…
Tra questi ultimi c’è il norvegese Carl Bock, nato nel 1849 a Copenaghen (...) e morto nel 1932.
Diciannovenne va a lavorare per diversi anni in Inghilterra, a Grimsby.
Poi si trasferisce a Londra, a realizzare quelli che sono i suoi reali interessi: lo studio delle scienze naturali.
Entusiasmo e passione, uniti a ricerca e testardaggine, fanno sì che riesca ad introdursi negli esclusivi milieux scientifici e aristocratici della capitale.
Dove conosce Arthur Hay, nono Marchese di Tweeddale, ma soprattutto Presidente della Società Zoologica londinese.
È un ornitologo che, oltre agli uccelli, colleziona insetti, rettili e mammiferi.
Per poter arricchire la sua collezione con specie dell’arcipelago indonesiano invierà là Bock.
Tra i Dayak del Borneo, 1878-1880
Nell’agosto del 1878 Bock a Batavia (oggi Djakarta), capoluogo delle Indie olandesi, si imbarca su un vapore diretto a Padang (Sumatra).
Per mesi percorre l’isola in lungo e in largo.
Il viaggio previsto a Timor viene invece cancellato dopo la morte di Hay.
È comunque sfacciatamente fortunato, perché a Batavia il Governatore-Generale Van Lansberghe vuole che organizzi una spedizione (...) nel Borneo meridionale, per relazionare sui Dayak dell’interno.
Selvaggi che rifiutano l’autorità olandese e che con la forza impediscono agli europei l’accesso ai loro territori.
Di loro si sa poco, salvo che sono cacciatori di teste e cannibali…
La sua sarà un’impresa eccezionale, anche se tra i Dayak era stato preceduto decenni prima da una straordinaria donna, l’austriaca Pfeiffer... [vedi post n.230]
Comunque le regioni dove si inoltrerà nel 1879-80 non sono mai state penetrate dagli europei.
(...) Già prima di inoltrarsi nella foresta deve superare un insormontabile ostacolo: la difficoltà di trovare portatori e guide (...).
(...) Del resto non può dare loro torto.
Sa come l’orripilante pratica sia diffusa e come in quelle regioni siano stati uccisi alcuni europei.
(...) Personalmente sarà notevolmente “aiutato” dal fatto che sarà accompagnato dal sultano di Kutai con la sua scorta armata.
Il che faciliterà indubbiamente i contatti con i Dayak, come con i cannibali Trings, presso i quali Bock manda alcuni messaggeri per invitarli.
Offrendo doni in segno di pace.
Poiché nessuno di loro tornerà indietro, ritiene che siano stati uccisi e divorati…
(...) ricompariranno, accompagnati da una quarantina di cannibali, dopo che il sultano a sua volta aveva inviato un gruppo di dignitari bene armati…
Nel Borneo Bock percorre 700 miglia di foreste.
Vede gli orangutans, ma non scopre il mitico orangbuntut: l’uomo con la coda.
Semplicemente perché… non esiste!
E dire che Bock voleva trovarlo ad ogni costo, perché si sosteneva che l’anello mancante tra uomo e scimmie esistesse da qualche parte nel Borneo (...).
Il primo incontro con un cannibale
“I suoi occhi hanno un’espressione da animale selvaggio, e intorno a loro ci sono linee nere, come ombre di un crimine.
Allo stesso tempo che ho abbozzato il suo ritratto, egli aveva ancora fresco su di sé il sangue di non meno di settanta vittime, uomini, donne e bambini, che insieme ad altri aveva appena ucciso” (...).
Pur omettendo l’ancor più truce finale, certamente esagerata è la descrizione di Sibau Mobang, capo di una tribù di Dayak, il primo “cannibale” incontrato dal norvegese.
Anche se caccia alle teste e antropofagia esistono realmente, non sono solo gli esploratori a diffondere “storie” perfide su di loro.
In ciò coadiuvati da altre tribù di Dayak (...)
Per quanto riguarda l’orangbuntut, i fantasiosi racconti ascoltati da Bock hanno già fatto ricredere l’europeo.
Poi la ricerca si sgretola del tutto, dopo l’invio di un messaggero al sultano di Pasir, dove sembrava che ci fossero gli orangbuntut, con la richiesta di averne un paio.
Alcune settimane dopo apprenderà invece che “il sultano è molto offeso dalla richiesta… dopo tutto quegli uomini sono letteralmente “la sua gente con la coda”, cioè il suo seguito.
Chiunque li vuole, deve prenderli con la forza” (...).
Ecco come nasce (e muore) un mito!
Nel 1881 Bock consegna la relazione ufficiale in olandese.
(...) Sono apprezzate le puntuali descrizioni di genti, luoghi, cultura, costumi matrimoniali, metodi di caccia con frecce avvelenate, rituali della caccia alle teste, ecc....
Ma anche il coraggio dimostrato (...).
Però c’è anche chi lo critica pesantemente: non c’è quasi nulla di nuovo e dubbi sono parecchi racconti etnografici.
Parte delle obiezioni olandesi sembrano dettate da invidia e bandiera.
Poiché la Società Geografica dei Paesi Bassi si è sentita messa da parte ed è stato considerato un insulto, per i loro scienziati ed esploratori, il fatto che Van Lansberghe (...) abbia dovuto impiegare uno straniero.
Bock, al quale la querelle non interessa più di tanto, dopo aver aggiunto dettagli e aneddoti al rapporto, pubblicherà a Londra il libro: The Head-hunters of Borneo (...) diventato ben presto un best seller (...).
In Thailandia e nel Lao, 1882-1883
Nel 1884 sempre a Londra dà alle stampe: Temples and elephants (...).
Narrazione dell’avventuroso viaggio nel Siam settentrionale e nel semi indipendente Lao, patrocinato dal re Chulalongkorn (...).
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