HUGO A. BERNATZIK (1897-1953)
Da giovanissimo iniziai a dar gradatamente vita ad una biblioteca etno antropologica.
Anche con l’apporto di preziose enciclopedie, come quella curata dall’etnologo austriaco Hugo A. Bernatzik: Popoli e Razze (...), che ebbe il privilegio di precedere di qualche anno l’arrivo del più “classico” e italianissimo Razze e Popoli della Terra (Biasutti).
Acquistate entrambe all’inizio degli anni ’1960 dello scorso secolo, unitamente ad altri lavori collettivi esse mi permisero di mettere insieme un discreto nucleo di manuali specialistici su base areale e tematica, che “coprivano” tutto il mondo.
In particolare l’opera del Bernatzik aveva un apparato iconografico di tutto rilievo, per qualità e dimensioni.
In effetti lo studioso austriaco (...) ha effettuato numerose spedizioni etnologiche in Africa, Asia e Oceania.
[Africa (Maghreb; Egitto e Nord Sudan; Sudan - Dinka, Nuer, Shilluk, Nuba, Bongo, Mittu, Bari, Mondari, Uled Hamid -; Kenya - Masai -; Tanzania - Nyaturu -; Congo - Mangbetu, Yobe, Lunda, Kundu -; Namibia - Herero -; Camerun - Paduko, Tikar, Yetsang -; Ciad - Kanembu -; Isole Bissagos, Guinea portoghese - Bidyogo -); Asia (Mokèn, arcipelago Mergui, Birmania; Phii Thong Luang, Moi, Meo, Miao, ecc., Thailandia); Oceania (Isole Salomone: Owa Raha, Owa Riki; Nuova Guinea)]
Nelle quali, facendo largo uso della fotografia, ha certamente travalicato i confini della pura e asettica documentazione scientifica, per farla assurgere a vera e propria arte.
Lo si potrebbe, perciò, considerare un antesignano della moderna Antropologia Visiva.
Ad esempio nel 1927, quando parte per l’Africa, ha con sé due macchine fotografiche in tek della società Krupp Ernemann di Dresda con 1.000 lastre, 5 obiettivi (Leica, Leitz, Voitgländer), flash.
Oltre a 6 macchine reflex Caminda, con 10.000 m. di pellicola.
Non a caso i suoi volumi, sempre superbamente illustrati, prima dello scoppio della seconda guerra mondiale ebbero uno strepitoso successo nel mondo germanico, dove figurava tra i massimi rappresentanti delle scienze etnologiche.
Anche se oggi, a quanto pare, se ne sta purtroppo perdendo addirittura il ricordo (...).
Biografia
(...) Hugo A. Bernatzik (1897-1953), dopo aver abbandonato nel 1923 gli studi di Medicina iniziati nel 1920 a Vienna, si iscrive nel 1930 al Dipartimento di Filosofia di quell’Università.
Seguendo i corsi di geografia, psicologia e quelli di etnologia di Padre Wilhelm Koppers (...)
Nel 1935 diventa Maître de Conferences all’Università di Graz e dal 1939 è professore associato.
In Austria e in Germania è considerato il fondatore dell’Etnologia Applicata: si interessa principalmente all’allora rapido declino demografico dei popoli coloniali; con passione promuove illuminate politiche colonialistiche, che tengano in maggiore considerazione i tradizionali stili di vita dei popoli soggetti.
Quattro spedizioni in Africa, 1924-1931
Tra il 1924 e il 1931 effettua quattro spedizioni in Africa, che lo portano in tutti gli angoli del continente.
A cominciare dal viaggio del 1924 nel Maghreb (e Spagna).
Continuando nel 1925 quando si reca in Egitto e nel nord Sudan, dove inizia a fotografare, nel loro contesto naturale, le diverse genti avvicinate.
Il terzo viaggio africano si svolge nel 1927 ed è di grandissimo respiro.
Interessando l’Africa nord-orientale, centro-orientale e occidentale. In particolare i vasti spazi aperti del sud Sudan, dove ha anche modo di incontrare l’antropologo britannico Evans-Pritchard, che costituiscono una delle più remote regioni del continente, ma anche tra le più difficili e inospitali.
Così che gli è possibile documentare visivamente quelle fiere e bellicose popolazioni solo dopo averne conquistato la fiducia e grazie ai doni che fa ai capi locali…
Solo in questo modo sarà in grado di muoversi liberamente nei loro territori e all’interno dei villaggi, raccogliendo testimonianze iconografiche di quel variegato mondo, così come esso si presentava all’inizio del XX secolo (...).
Nel Pacifico, isole Salomone, 1932: Owa Raha e Owa Riki
Nel 1932 parte per il Pacifico e le isole Salomone orientali.
Dove documenta attentamente la vita giornaliera degli isolani, anche grazie ad un sapiente utilizzo della macchina fotografica.
Conscio, com’è, che quelle popolazioni appartengano a culture morenti, poiché non possono che soccombere nel loro “incontro-scontro” culturale con il mondo moderno e occidentale! (...)
(...) Ad Owa Raha stretti sono i legami esistenti tra i due principali villaggi di Gupuna (o Ghupuna) e Nafinotoga.
Eppure entrambi sono in uno stato di permanente e preoccupata vigilanza nei confronti dell’esterno.
Anche perché, quando da un’altra isola sopraggiunge una piroga di guerra, non si può mai sapere se ci si trovi di fronte ad un’autentica spedizione ostile, oppure a una visita amichevole.
Nell’isola lo studioso otterrà da bambini e adulti anche un impressionante numero di disegni eseguiti a matita su soggetti scelti a piacere.
Owa Riki, l’altra isola principale studiata da Bernatzik, risulta difficilmente accessibile a causa di una pericolosa barriera corallina e per la presenza di scogli cosparsi a piene mani.
Per questo è stata in grado di scampare all’avidità dei mercanti cinesi e alle negative e “civilizzatrici” influenze occidentali (...)
(...) Bernatzik si reca poi tra i cacciatori-raccoglitori Mokèn dell’arcipelago Mergui della Birmania (oggi Myanmar), nel Mare delle Andamane e della Thailandia meridionale.
Questi “nomadi o zingari del mare” sopravvivono utilizzando reti da pesca e lance.
Trascorrendo l’intera esistenza sulle barche (kabang).
I Mokèn della Birmania sono suddivisi in cinque sottogruppi, che prendono il nome dalle “isole madri”, dove trascorrono la stagione delle piogge (...)
Tradizionalmente si spostano in flottiglie di 6-8 imbarcazioni in un’area di mare prestabilita sotto la guida di un anziano (potao).
Accanto alle cinque isole, esistono poi numerose “isole-satelliti” scelte in base: alle condizioni meteo-marine, ai modelli delle maree, alla disponibilità stagionale delle risorse marine.
Qui accumulano i prodotti del mare, poiché i Mokèn essiccano tutto ciò che non si consuma immediatamente e verrà poi barattato nei mercati locali, per ottenere ciò che non si possiede.
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