I cavalieri si attestano davanti al Parlamento in attesa del discorso rituale (© Franco Pelliccioni) |
I CAVALIERI, I CORTEI, LA REGATA
Particolarmente preziosa è stata l'occasione di poter
partecipare alla Festa Nazionale faroese, l'Olavsøka - il giorno di St. Olav -,
che ogni anno cade nei giorni 28 e 29 luglio. Durante i quali la tradizione
culturale faroese ha modo di estrinsecarsi nelle sue articolate sfaccettature.
Mentre la politica si rafforza, con la solenne apertura
annuale dei lavori del Parlamento, nel secondo giorno dei festeggiamenti, come
da mille anni addietro ha sempre fatto. Poiché re Olav Haraldsson il Santo morì nella
battaglia di Stiklastad il 29 luglio del 1030.
Il 28 la festa viene
aperta da un corteo popolare, preceduto da cavalieri con la bandiera faroese,
che si arresta davanti al Løgtingið, dove una banda suona l’inno
nazionale.
Nel primo pomeriggio ha invece inizio una coinvolgente
regata tra le tradizionali barche faroesi, con la partecipazione di
numerosissimi ed entusiasti spettatori.
Perciò St. Olav non è solo una celebrazione religiosa,
popolare, politica. O una festività nordica di mezza estate.
È festa, questa, che, sia pure sottilmente, conserva i
contorni di quella "Grande Festa", così magistralmente descritta
tanti anni fa da Vittorio Lanternari nell'omonimo libro.
È una festa di "Capodanno", nei suoi più appariscenti
risvolti anche un po' "pagana" e pre-cristiana.
Durante la quale il faroese ha una sana voglia di divertirsi
e di apprezzare ciò che di bello e di duraturo c’è nella vita.
Mano a mano che il
tempo trascorre e si continua a passeggiare e ad incontrarsi, e sempre più si
prosegue nel bere, ecco che si intonano i primi canti.
TUTTO AD UN TRATTO, NELLA NOTTE, UOMINI E DONNE PER LE
STRADE DI TÓRSHAVN DANNO INIZIO ALLA DANZA A CATENA MEDIEVALE
Più tardi, molto più avanti, nel cuore di una notte, che
"oscura" non è mai, perché tutt'intorno a te c'è l’essenza stessa
della vita, i primi gruppi di uomini e di donne, mescolandosi tra loro,
prendendosi per mano, lentamente, gradatamente, sinuosamente, cominciano a
muoversi ritmicamente, con le stesse movenze usate tanti secoli prima dai loro
antenati.
…………….
Danza a catena in un francobollo faroese del 1981 (di Czesław Słania) |
LA DANZA A CATENA
Circa mezzo secolo fa si poteva leggere come le isole "hanno
conservato antichissime tradizioni di danza. Qui per le feste, ad esempio, dopo
le grandi cacce alla balena, c'è solo una danza a catena, senza accompagnamento
strumentale, in un movimento caratteristico ondeggiante a sei passi. Le ballate
[kvæði] che si cantano in queste feste non sono sempre, è vero, di
origine antica, ma trattano ancora di Sigurd, Brunilde, Carlomagno ecc."(…)
“La prima menzione scritta della danza faroese risale al 1616, quando
l'islandese Jón Ólafsson sbarcò nelle Isole Faroe al servizio di Cristiano IV
(…) Ma la danza faroese è ancora più antica. È chiaramente correlata alle forme
di danza medievali europee” (…) Già presente in un lontano passato in
diverse regioni scandinave ed europee, "la danza faroese è una semplice
danza a catena nella quale i ballerini si tengono per mano e formano una lunga
catena o anello a maglie annodate. La danza inizia con il leader (skiparin)
e pochi altri che vanno avanti sul pavimento e iniziano a ballare. Poi
gradualmente più persone trovano un posto nella catena e quando sono
abbastanza, la catena può essere chiusa per formare un anello”.
……………………………………
E dire che la notte è fredda, piovosa, nebbiosa, ma non può
che essere ugualmente vissuta fino in fondo! Non a caso, in passato, alcune
sette religiose condannarono duramente queste danze, definendole "diaboliche".
Ecco perché le chiese, durante St. Olav, si danno da fare in
piazza e sulle strade. Con sermoni molto ascoltati, anche con il tempo pessimo.
Mentre più volte al giorno, nella piazza principale (Vaglið),
davanti al Parlamento e al Municipio, si ripetono i canti e gli inni dell'Esercito
della Salvezza.
Del resto “giocano in casa”… Poiché la loro “base” è poco
distante dalla “mia” Casa del Marinaio.
UNO STUPENDO COSTUME NAZIONALE
Molti uomini, donne, bambini indossano il costume nazionale,
che è stato riscoperto in questi ultimi tre, quattro decenni, e tende ad avere
più di un’assonanza con i vestiti di epoca vichinga.
Anche se non tutti possono permettersi di avere un vestito
assai costoso.
Poiché, a parte la
splendida fattura, sono d'argento i pesanti, numerosi bottoni, che
parallelamente ornano il cardigan (knappatroyggja) dell'uomo, che in
testa ha la classica e semplicissima bustina dalle strisce rosse e blu (húgva).
Mentre le donne indossano un lungo vestito (stakkur),
con numerose decorazioni e grande fermaglio, altrettanto d'argento (stakkanál),
e si ascolta musica
Forse, oltre la metà
degli spettatori delle regate e delle diverse manifestazioni, oltre che dei
partecipanti allo struscio "non stop", tra la strada pedonale, il
cuore della città, e la zona occidentale del porto, indossa con naturalezza gli
splendidi abiti tradizionali.
Ecco che la festa di St. Olav ha la capacità di rinnovare e rinsaldare vecchi legami e di costruirne nuovi.
Ecco che, anno dopo anno, si ribadisce la propria identità.
Ricostruendola nuovamente. Rafforzandola in questi incontri, che dureranno per
giorni.
Durante i quali, apparentemente, tutti sembrano felici.
Orgogliosi di essere faroesi. Fieri di mangiare e di bere
insieme. Compiaciuti di questo loro aspro clima, come della loro rude terra.
Contenti fino in fondo di esserci nati e cresciuti.
Da: VIAGGIO NELLE ATLANTICHE ISOLE FÆR ØER. IL PAESE DAI TETTI DI PRATO, CHE ONDEGGIANO AL VENTO
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