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giovedì 25 luglio 2024

172. CHAMP-DE-MARS, SENNA, PONTE ALESSANDRO III, TROCADERO, TORRE EIFFEL, GRAND PALAIS: ECCO I LUOGHI-SIMBOLO DELLE ESPOSIZIONI UNIVERSALI E INTERNAZIONALI DI PARIGI (1855-1889), CHE OSPITERANNO LE GARE DELLE IMMINENTI OLIMPIADI 2024. DA: ESPOSIZIONI UNIVERSALI, COLONIALI E INTERNAZIONALI DI PARIGI 1855-1937. ALLA RICERCA DELLE STRAORDINARIE TESTIMONIANZE DELLE “MANIFESTAZIONI MASSIME” DELL’IMPERO FRANCESE: INDUSTRIA, TECNOLOGIA, INVENZIONI, ARTE, ARCHITETTURA, PAESI, GENTI

 

 

Stupenda immagine del Palazzo del Trocadéro (foto del 1900). Al centro ospita una sala concerto, mentre in una delle due ali il Museo Etnografico e il Museo Indocinese (1884-1927), nell’altra il Museo della Scultura Comparata (United States Library of Congress)

Anche i luoghi-simbolo delle gigantesche e storiche Esposizioni Universali e Internazionali, svoltesi a Parigi tra il 1855 e il 1889, parteciperanno attivamente allo svolgimento dei Giochi Olimpici 2024.

Ad iniziare dallo Champ-de-Mars (Esposizioni del 1855, 1867, 1878) e, naturalmente, dalla Senna (i primi bateaux-mouches risalgono all’Esposizione del 1867) e dalle sue sponde. Ma anche dallo stupendo Ponte Alessandro III, coevo della Torre Eiffel e del Grand Palais (1889). Senza comunque dimenticare il Trocadero, che risale invece al 1878.

E dire che allora “era invalsa l’abitudine di disfarsi di quanto costruito [per ogni singola Esposizione], tra l’altro non sempre eseguito con materiale “precario”...

Distruggendo o trasferendo i manufatti altrove, nella banlieue o fuori Parigi. “In quegli anni due sono state le Parigi, l’una all’interno dell’altra.

Ma la “nuova”, così attraente e desiderata, non doveva cercare di sostituirsi alla “vecchia”, ma solo scomparire. La stessa Eiffel ha rischiato di fare quella fine nel 1909, anche se con lei l’Effimero si prenderà la più straordinaria delle rivincite!

Uno dei principali motivi della singolare autodistruzione sta nel fatto che le Esposizioni si tenevano nel centro di Parigi, dove l’unico grande spazio disponibile era lo Champ-de-Mars.

Ma qui c’è l’École Militaire ed è terreno militare. Utilizzato per le parate dei cadetti, oltre che per le corse dei cavalli, per le mongolfiere e per gli anniversari della rivoluzione francese.

Bisognava, quindi, sgombrarlo…"

Da: ESPOSIZIONI UNIVERSALI, coloniali e internazionali DI PARIGI 1855-1937. ALLA RICERCA DELLE STRAORDINARIE TESTIMONIANZE DELLE “MANIFESTAZIONI MASSIME” dell’IMPERO francese: Industria, Tecnologia, Invenzioni, Arte, Architettura, Paesi, Genti

(E-Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, 118 pp, 57 note, 146 immagini, di cui 91 a colori)

In conclusione il libro può essere visto come un’insolita guida illustrata alle bellezze della capitale francese. Con un approccio indubbiamente “diverso”, che dà modo al lettore di conoscere per grandi linee, sia l’evoluzione urbana del centro storico di Parigi dalla metà del XIX secolo, che alcune tematiche storico-culturali e di Storia della Seconda Rivoluzione Industriale.





171. NEL SUDAN MERIDIONALE, LUNGO IL NILO BIANCO, SULLE TRACCE DELL'OTTOCENTESCA E INCREDIBILE "SPEDIZIONE" TRANS-AFRICANA DI JEAN-BAPTISTE MARCHAND: SEIMILA CHILOMETRI DI GIUNGLA PORTANDO SULLE SPALLE UN BATTELLO A VAPORE SMONTATO. DA: ALLA SCOPERTA DEL MONDO. Archeologi, Esploratori, Grandi Viaggiatori,Geologi, Naturalisti, Paletnologi. VOL.2 AFRICA


La spedizione Marchand in marcia

LA GRANDE STORIA 

" A volte la Storia con la S maiuscola è stata scritta in posti del tutto anonimi e remoti, sconosciuti e selvaggi, lontani dalla cosiddetta "civiltà". 
Spesso persino difficili da raggiungere, non solo per gli ostacoli che frappone la natura.
IMPROVVISAMENTE ECCO ARRIVARE L'EVENTO…
  È incredibile, ma riesce a trasformare quel luogo "impossibile" in un simbolo. 
Nel nostro caso anche straordinariamente affascinante. 
Certo, se le cose fossero andate differentemente, il tutto avrebbe potuto assumere tinte più forti e fosche, se non terribili. 
Poiché la sua carica dirompente avrebbe potuto coinvolgere tragicamente l'esistenza di milioni di persone... [POICHE'AVREBBE POTUTO PROVOCARE UNA GUERRA TRA FRANCIA E INGHILTERRA, ALLA FINE DEL XIX SECOLO]

UN LUOGO CHE, PIU' REMOTO DI COSI,' NON POTEVA ESSERE...  
   Ecco le coordinate geo-temporali della nostra località: un villaggio indigeno posto lungo il corso di un fiume importante, ma a diverse centinaia di chilometri di distanza dal primo centro urbano degno di questo nome e situato all'interno di una regione africana pressoché isolata dal mondo esterno. Da molti anni ormai è infatti sanguinosamente sfuggita di mano agli artigli delle potenze coloniali europee. In quell'epoca, perciò, il villaggio è totalmente irraggiungibile per gli esploratori e i militari europei.
UNA LUNGA STAGNAZIONE
   Poi, dopo una lunga stagnazione, ecco che tutto ad un tratto la storia si rimette in marcia, a nord come nel sud. 
Dapprima lentamente, poi sempre più freneticamente. 
L'abbrivo è forte.
 FINALMENTE SI VUOLE RICONQUISTARE IL SUDAN, DA 13 ANNI IN MANO AI DERVISCI, CHE HANNO PRESO KHARTOUM, UCCIDENDO IL GRANDE GORDON PASHA
Gli attori sono diversi: sudanesi, egiziani, turchi, inglesi, francesi.
 La posta in gioco è altissima: la riconquista dell'immenso territorio del Sudan. 
LA MISSION IMPOSSIBLE DI  UN PUGNO DI FRANCESI
Ma potrebbe essere ancora più elevata, quando in discussione sarà messo il prestigio di una grande e orgogliosa nazione come l'Inghilterra, per colpa di un pugno di eroici francesi, che hanno effettuato un'autentica Mission Impossible. 
La loro è stata realmente un'impresa incredibile...
Espletata da uomini ben motivati e altamente addestrati che, partendo da molto lontano, dalle sponde dell'Atlantico, sono arrivati in quello sperduto villaggio del Sud Sudan.
   La non nascosta intenzione di quel pugno di arditi è di inchiodare un intero esercito europeo nel nord del paese. 
SI INTENDE BLOCCARE IL SOGNO DI UNA COLONIZZAZIONE  BRITANNICA NORD-SUD, DAL CAIRO A CITTA' DEL CAPO.
Ostacolando seriamente la realizzazione del vecchio sogno imperialista inglese di costruire una via - e una colonizzazione - Cairo-Capo. 
REALIZZANDO UN COLLEGAMENTO IMPERIALE FRANCESE OVEST-EST, TRA DAKAR (AOF; OGGI SENEGAL) E GIBUTI (SOMALIA FRANCESE)
E rimpinguando, in tal modo, il bottino coloniale del governo di Parigi, con un'omologa unificazione coloniale Dakar-Gibuti.
 Tutto ciò quando l'Inghilterra, a distanza di tredici anni, cerca di rimediare all'onta subita nel 1885 per la presa di Khartoum e l'uccisione del grande Gordon Pasha, ad opera dei seguaci del Mahdi - il “ben guidato”, il profeta - Mohammed Ahmed ibn Seyyid Abdullah. 
Va ricordato come per l'Africa intera l'epopea della Mahdiyya abbia rappresentato uno dei più grandi ed autentici fermenti nazional-religiosi a carattere anticoloniale del XIX secolo.
NEL CORSO DELLE MIE RICERCHE NELL'ARCHIVIO DEL SUDAN (UNIVERSITA' DI DURHAM, INGHILTERRA SETTENTRIONALE), SCOPRO UNO STRAORDINARIO  MANOSCRITTO ARABO, NEL QUALE SI  ACCENNA ALLA CONTEMPORANEA PRESENZA  DI TRUPPE INGLESI NEL NORD E FRANCESI LUNGO IL NILO BIANCO, A SUD   
   Ma restiamo ai fatti:
   “Gli inglesi e i francesi stanno venendo sul Nilo Bianco da est e da ovest (...) Ho mandato il mio esercito lungo il Nilo Bianco, sii attento e non degnare di attenzione le storie di mercanti che hanno un loro (...) scopo (...) Sii forte e non permettere agli stranieri di farci disperare (...) Ti ho mandato un messaggero (…)"
   Così lessi in un vecchio manoscritto arabo da me rintracciato nell'Archivio dell'Università di Durham (Inghilterra settentrionale)
È una lettera di un capo mahdista del settembre del 1898 inviata ad Omdurman al Califfo Abd Allahi Muhammad Turshain, che nel 1885 aveva preso il posto del Mahdi deceduto. 
Sia pure in ritardo lo avvisa dell'avvicinarsi degli inglesi di Kitchener, che già occupano Omdurman, ma anche della straordinaria presenza nella regione del Nilo Superiore di un pugno di soldati francesi.
NEL CORSO DELLA MIA SECONDA SESSIONE DI RICERCA ANTROPOLOGICA NELLA CITTA' DI MALAKAL, INCONTRO E INTERVISTO IL "RE DIVINO" DEL POPOLO DEGLI SHILLUK, VISITO FASHODA E OSSERVO LA RESIDENZA DI MARCHAND, ANCORA SUL POSTO... 
(...) Nella mia ultima sessione di ricerca nel Sud Sudan (1980-1981) ebbi la possibilità di recarmi a Fashoda (...)

La residenza del Capitano Marchand sulla sommità di una collinetta (© Franco Pelliccioni)
(...) All'ispettore, che preventivamente lesse, approvandolo, il testo delle domande da rivolgere al monarca, manifestai il desiderio di visitare il forte Marchand, che secondo la mia carta topografica del 1975, doveva pur essere nei paraggi. 
Ad una cinquantina di metri dal Rural Council, dove in quel momento mi trovavo, cioè dal centro della cittadina, sorgeva infatti una bassa costruzione, non troppo mal ridotta e di puro stampo coloniale. 
Era tuttora abitata. 
Quella, mi riferì l'ispettore, era stata la residenza di Marchand (...) 
   In seguito verrò accompagnato al locale posto di polizia, cioè a quello che era stato il quartiere generale di Marchand
Dall'alto di una delle pareti esterne, una placca del 1898 ricordava la brillante impresa francese
Considerato l'assoluto divieto esistente in Sudan di fotografare edifici militari o della polizia, la potrò riprendere solo dopo che l'ispettore fornirà esaurienti spiegazioni, sulla mia presenza e su quelli che erano i miei scopi, ai poliziotti seduti nell'attigua veranda".  

DA: ALLA SCOPERTA DEL MONDO. VOL.2 AFRICA
Archeologi, Esploratori, Grandi Viaggiatori,Geologi, Naturalisti, Paletnologi
E.Book e versione cartacea in bianco e nero di grandi dimensioni (16,99 x 1,17 x 24,41), 224 pp., 109 note,  bibliografia, 179 immagini (20 sono dell'A.) 

martedì 16 luglio 2024

170. QUEI "RAIDS” LUNGO I PERDUTI TRACCIATI DELLA VIA DELLA SETA DI SIR AUREL STEIN, “COLOSSO DELL’ARCHEOLOGIA E DELL’ESPLORAZIONE ASIATICA” . DA: ALLA SCOPERTA DEL MONDO. Archeologi, Esploratori, Grandi Viaggiatori, Geologi, Naturalisti, Paletnologi. Vol. 1: EUROPA – ASIA


Stein al tavolo di lavoro, 1915. Spedizione del 1913-1916 
(Pamir, Buhara,  Amudarja, Sistan, Afghanistan, Indo)

 

"Nel 1930 Sir Aurel Stein, un Grande dell’archeologia e dell’esplorazione, doveva effettuare quella che sarebbe stata la sua quarta spedizione in Asia centrale, alla ricerca di antiche strade carovaniere tra Cina e Occidente. Purtroppo fallì miseramente! Profondamente umiliato, Stein non scriverà, né farà mai riferimento ad essa, né sarà menzionata nel suo necrologio… 

   D'altronde non fu certo colpa sua se in Cina era scoppiata una rivalità, prima tra diplomatici britannici e statunitensi, poi tra il Fogg Museum (Harvard) e il British (Londra), infine tra i due sponsors di Harvard... 

Nel conto va anche aggiunto un tardivo risveglio nazionalistico, che bruscamente spariglierà le carte sulla tavola dell’archeologia, cambiando radicalmente le regole del gioco. 

Perché dalla metà degli anni ‘1920 la Cina aveva cominciato a mostrarsi assai sensibile all’ingresso degli stranieri e, raramente, rilasciava permessi di ricerca. 

Meno che mai a lui… 

A seconda dell’angolazione visiva, difatti il nostro personaggio ha una doppia reputazione.

UN "EROE" IN OCCIDENTE 

   In Occidente è considerato uno dei più grandi archeologi, geografi ed esploratori del XX secolo e la massima Autorità nel campo degli studi centro-asiatici: “gli eccellenti lavori di Sir Aurel Stein contribuirono a far luce sull’archeologia dell’India, dell’Iran e dell’Asia centrale. Era un viaggiatore infaticabile”.

 MA UN "GRAN LADRONE" IN CINA... 

   In Cina è, invece, il più malvagio tra i “diavoli stranieri”, che razziarono i loro tesori. Un imperialista, che li aveva derubati della loro storia. Portando via enormi pitture murali, sculture, preziosi manoscritti e antiche sete. Oltre al primo libro stampato al mondo, oggi orgoglio della British Library. Anni addietro la BBC lo definiva: The original Chinese Takeaway: “l’originale porta-via cinese”!

   Dunque, Stein è un eroe, o un gran “ladrone”?

   Allora solo “sottovoce” si parlava di eventuali restituzioni del “maltolto”. Non essendoci richieste ufficiali da parte cinese. Anche se a partire dal 2014 la Cina ha cercato di “cambiare indirizzo”, per rientrare in possesso di ciò che appartiene al proprio Patrimonio storico, artistico e culturale. 

Purtroppo, rileva Peter Neville-Hadley nel suo illuminante articolo del 2017, quello cinese è solo un wishful thinking. Perché, anche avendo aderito nel 1989 alla Convenzione dell’UNESCO del 1970 sull’illecito trasferimento di “proprietà culturali rubate”, il periodo antecedente al 1970 è comunque escluso dall’accordo.

   Sempre tornando a parlare di Stein, va ricordato come gli stessi studiosi cinesi ammettano come lo sviluppo archeologico della regione debba essere ascritto proprio a lui. Pur criticandone, ovviamente, i metodi “distruttivi e di rapina”. 
D’altronde era del tutto “normale” ciò che all’epoca faceva Stein.

LO STRAORDINARIO TESORO ARCHEOLOGICO RAPPRESENTATO DALLE CAVERNE DI TUNHWANG

L’alternativa era la distruzione della collezione. Mai si erano mossi i funzionari cinesi, che conoscevano bene le caverne di Tunhwang, oggetto del contendere. I reperti perciò potevano essere svenduti. 

Nel 1920 le caverne rimasero gravemente danneggiate dai Russi bianchi in fuga e negli anni ‘1930 la guerra sino-giapponese avrebbe fatto la sua parte...

Affresco murale buddista a Tunhwang
   Del resto l’unica aspirazione di Stein è quella di conoscere il passato delle grandi civiltà, “conducendo i raids più audaci e temerari nel mondo antico che qualsiasi archeologo abbia mai tentato”. 
Raids anche nel senso stretto di razzie... 

Perché Stein non è uomo da scavi senza fine, o da tavolino.

BRITISH MUSEUM, NATIONAL MUSEUM DI DELHI, MA ANCHE I MUSEI DI  PARIGI, SAN PIETROBURGO E KYOTO ESPONGONO I REPERTI ACQUISITI DA STEIN

Comunque ciò che riporta alla luce (e a casa) è per sempre assicurato all’Umanità… 

   Così riempirà le sale del British Museum e del National Museum di Delhi, ma suoi reperti si trovano oggi anche a Parigi, San Pietroburgo e Kyoto!

   (...) Sir Aurel Stein è stato molto più di un cercatore di tesori e di una mera pedina nel Great Game russo-britannico. 

È un archeologo genuino, che scopre i siti grazie a quanto ha appreso dai libri, compresi quelli di Marco Polo e di Hsüan-Tsang (Memorie sui paesi occidentali). 

LOCALIZZA LA PORTA DI GIADA


Localizza la famosa Porta di Giada, che marcava la fine della Cina e l’inizio dei Reami Occidentali, nonché la cinta muraria di confine, costruita sotto la dinastia Ch’in (249-206 a.C.), per controllare i nomadi e proteggere le comunicazioni.

SPEDIZIONI NELLA SERINDIA LUNGO LA VIA DELLA SETA


   Le sue spedizioni nella Serindia, la sterminata regione tra Cina ed India, che chiama così nel 1921, sono autentiche imprese epiche, effettuate principalmente lungo i dimenticati tracciati della Via della Seta, aperta all’epoca degli Han (viaggio di Chang Ch’ien del 138 a.C.). 

   Certosinamente ricostruisce le culture fiorite lungo un percorso, che vedrà il passaggio di sete orientali e di vetrerie europee, ma anche di religioni, lingue, arti, imperi, perfino epidemie. 

Tutto ebbe origine, o si propagò, lungo di essa: le diverse civiltà, i sincretismi indo-persiani, la Cina, il mondo ellenistico, turco, tibetano, le conquiste e il tracollo dei popoli nomadi, le conversioni religiose, gli intrighi politici. 

   Gradualmente il commercio, che la originò, preferirà utilizzare le più sicure vie marittime. 
Così la strada decadrà lentamente, per poi morire. 
Scomparendo nel nulla e nell’oblio delle genti. 
Sorte condivisa da città importanti, per secoli rimaste silenti sotto la spessa coltre di sabbie infuocate. 
Dove si preserveranno incredibilmente immacolate per i posteri indagatori...".

Da: ALLA SCOPERTA DEL MONDO. Archeologi, Esploratori, Grandi Viaggiatori, Geologi, Naturalisti, Paletnologi. 

Vol. 1: EUROPA – ASIA

E-Book, versione cartacea in bianco e nero di grandi dimensioni (16,99 x 1,17 x 24,41), 205 pp., 58 note, 143 immagini (6 sono dell'A.)

 Ecco i nomi dei 22 personaggi, che figurano nel I volume della mia tetralogia: Luigi Pigorini, Sir Arthur Evans, Vere Gordon Childe, fra Giovanni da Pian del Carpine, Abu Abdullah Muhammad Ibn Battuta, Ludovico de Varthema, Semion Ivanovich Dezhnev, Ida Pfeiffer, Sir Austen Layard, Isabella Lucy Bird, Ferdinand von Richthofen, Charles Montagu Doughty, Annie Royle Taylor, Sir Aurel Stein, Francis Younghusband, Sven Hedin, Gertrude Bell, Alexandra David-Néel, Giotto Dainelli, Leonard Woolley, Freya Stark, Ella Maillart



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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.


lunedì 8 luglio 2024

169. L’ISOLA DI HEIMAEY, NELL’ARCIPELAGO DELLE VESTMANNAEYJAR, A SUD OVEST DELL’ISLANDA: Pesca, uccellagione; Thjódhátíd: una festa nazionale “particolare”; Una storia tormentata; Razzie e incursioni di corsari inglesi e pirati nord-africani; Lotta per la sopravvivenza DA: AI CONFINI D’EUROPA. VIAGGIO-RICERCA NELL’ISLANDA DEI VULCANI, DEI GHIACCIAI, DELLE SAGHE, DEL MONDO VICHINGO

 

Dopo una battuta di caccia ai puffini (© Franco Pelliccioni) 

Le Vestmannaeyjar e l’isola di Heimaey

 Le isole dell'arcipelago delle Vestmannaeyjar, sono state definite da un poeta islandese "come zaffiri incastonati in un anello d'argento".

Heimaey, che vagamente assomiglia ad un otto un po' deformato - come, dall'altra parte del mondo, l'isola di Tahiti -, è l’unica permanentemente abitata di un gruppo di quindici.

Le altre hanno solo ricoveri temporanei di cacciatori di puffini (e pecore che vi pascolano durante la breve estate), salvo Surtsey, dove è proibito sbarcare senza autorizzazione

Pesca, uccellagione

Pur rappresentando solo il 2% della popolazione islandese, gli isolani mettono insieme il 15% delle esportazioni complessive di pesce con la loro flotta di 100 imbarcazioni.

Il porto è uno dei più importanti del paese. Il pesce viene esportato sia fresco, che trattato nei locali impianti conservieri.

Accanto alla pesca gli isolani si dedicano alla raccolta di alghe (kelp) considerate un cibo sano.   In un arco di circa sei settimane, in estate, catturano gli uccelli (dagli 80.000 ai 100.000 puffini), in primavera raccolgono le uova.

Attività risalenti all'età vichinga, destinate ad integrare la dieta alimentare, specialmente in un non lontano passato (fino agli anni '30).

Mangiare puffini, che vengono preparati in occasioni speciali, di solito durante le festività, come quella di Thjódhátíd, è oggi soprattutto un simbolo, che denota la stretta appartenenza alla comunità isolana.

In più di un'occasione è stato fatto rilevare dai miei gentili interlocutori come essi si sentano, sotto molti aspetti, "diversi" dagli islandesi della Mainland o "più islandesi degli islandesi".

Thjódhátíd: una festa nazionale “particolare”

 Cosa che si evidenzia ancora oggi, anno dopo anno, nel corso dell'importante festa di Thjódhátíd, la loro "particolare" festa nazionale celebrata in una data diversa da quella islandese. Fin dal 1874. Quando per il maltempo fu impossibile agli isolani raggiungere Reykjavík, per festeggiare la concessione della prima costituzione da parte del re danese.

Così per gli abitanti di Heimaey la Thjódhátíd è ben più importante di tutte le altre festività messe assieme. In effetti si può affermare come gli isolani delle Vestmannaeyjar abbiano avuto una storia "autonoma" rispetto alla terraferma islandese.

D'altronde la loro posizione decentrata spazialmente, ma soprattutto geo-strategicamente più vicina ai paesi europei, ha fatto sì che nei secoli abbiano potuto contare su un più grande numero di contatti con l'esterno. Fatti di incontri culturali, ma anche di scontri!

Una storia tormentata

 La storia della comunità è stata abbastanza tormentata addirittura da prima della sua fondazione. Quando nell'isola vi furono rintracciati e giustiziati gli schiavi irlandesi (gli "uomini occidentali": è il significato di Vestmannaeyjar) lì rifugiati, dopo aver assassinato il fratellastro di Ingólfur Arnarson.

In seguito il vichingo Herjólfur Báðarson impiantò una fattoria, i cui resti sono oggi visibili nella Herjólfsadulur. Un perfetto anfiteatro naturale, dove ogni anno non casualmente si celebra la festa di Thjódhátíd.

Razzie e incursioni di corsari inglesi e pirati nord-africani

L'arcipelago nel XV secolo divenne proprietà della Norvegia e, successivamente, del Regno di Danimarca. Diverse e distruttive furono le razzie dei corsari inglesi che, a partire dalla metà del XV secolo, vi si stabilirono per oltre un secolo. Fortificando adeguatamente l'insediamento. Fino a quando furono scacciati dai commercianti danesi.

Mentre "sufficiente" fu l'unica incursione dei pirati nord-africani (1627)! Non contenti delle devastazioni già apportate ad altri villaggi islandesi, i "turchi" attaccarono Heimaey, razziandola e bruciandola. Oltre metà degli abitanti fu uccisa, resa schiava e deportata in Nord Africa.

La statua di Guðríður Símonardóttir.(© Franco Pelliccioni[Tra i prigionieri sarà famosa Guðríður Símonardóttir (1598-1682), in seguito conosciuta come Tyrkja Gudda (“Gudda la turca”). Venduta come schiava in un harem, sarà riscattata da re Cristiano IV di Danimarca. Più tardi sposerà Hallgrímur Pétursson, uno dei più famosi poeti islandesi] 

Lotta per la sopravvivenza

Ma gli isolani hanno sempre dovuto combattere una loro difficilissima quotidiana lotta per poter sopravvivere.

Navigando in un oceano, spesso tempestoso e crudele, dove solo avvicinare o lasciare il porto diventava un'impresa "eroica".

Lotta quotidiana che richiese, perciò, un alto prezzo in vite umane. E che spiega molto bene come il carattere dei membri di questa comunità sia stato forgiato nell'acciaio.

Si ricorda come in un sol giorno ben cinquanta pescatori scomparvero tra i flutti oceanici e come 100 furono le vittime nel secolo XIX.

Cifre di per sé già molto alte, ma che sono stratosfericamente incompatibili per il fatto che la comunità, fino a tutto il XIX secolo, aveva una popolazione demograficamente esigua. 

DA: AI CONFINI D’EUROPA. VIAGGIO-RICERCA NELL’ISLANDA DEI VULCANI, DEI GHIACCIAI, DELLE SAGHE, DEL MONDO VICHINGO

E-Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, I e II ediz., 297 pp., 150 note, Bibliografia, Mini-Glossario geografico, 346 immagini, di cui 304 a colori (284 sono dell'A.)

 




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168. DAL DIARIO DI VIAGGIO: CAIRO, II PARTE. “Avventura” nel Bazar; festeggiamenti serali di due matrimoni, di strada (egiziano) e in un teatro (sudanese). DA: VIAGGI IN EGITTO 1980-2009. CROCIERA AEREA E FLUVIALE SUL NILO; AI CONFINI CON IL SUDAN, ALLA RICERCA DI BERENICE TROGLODITICA E DELLA “CAROVANIERA DEGLI 11 GIORNI”; NEL SINAI

 

 Ingresso al bazar di Khan el-Khalili, Ebers, 1878

Cairo, “Avventura” nel Bazar (1980)

Quando ci troviamo a visitare il grande bazar di Khan el-Khalili è ormai sera e si sta facendo rapidamente buio. Continuando a vagabondare senza fretta tra un banchetto e un altro, inoltrandoci sempre di più nel labirinto di strette viuzze, costellate da negozietti e chincaglierie, veniamo avvicinati da un ragazzo, che chiede se siamo interessati a vedere all’opera dei mastri vasai. Un’occasione, questa, che due antropologi, che aborrono il bric-brac turistico, non possono certo lasciarsi sfuggire. 

Così il ragazzo si muove veloce davanti a noi. Prima attraverso vicoli e anguste strade, ancora illuminate dai negozi e frequentate. 

Il  tragitto poi si fa più lungo e sempre meno illuminato. Il tempo trascorre. Passiamo attraverso un cortile dietro l’altro. 

Il tutto sempre più è scarsamente illuminato, se non addirittura quasi buio. Perché riusciamo appena ad intravedere il ragazzo, che corre davanti a noi, tanto che incontriamo qualche difficoltà a seguirlo.

 Fino a che, più volte, sentiamo intorno a noi, ma a distanza, delle grida ripetute, ma anche dei colpi secchi. 

Così, nonostante non siamo dei novellini dei paesi esotici, ci fermiamo. Guardandoci molto perplessi e preoccupati. Decidendo all’unisono di scappare immediatamente e di tornare velocemente sui nostri passi, in luoghi illuminati, frequentati, più sicuri.

 Accompagnati dalle grida del ragazzo che, sempre più da lontano, ci dice di tornare indietro.

Assistendo ai festeggiamenti serali di due matrimoni, di strada (egiziano) e in un teatro (sudanese)

Al rientro da Luxor, poiché la partenza per il Sudan è prevista solo alle 19 del giorno dopo (MS 751, con arrivo a Khartoum alle 21,40), il nostro amico tassista ci vuole fare un regalo, anzi… due! 

Perché l’andare in giro di sera per la città, accompagnati dalla colonna sonora della superba e ritmica musica egiziana, che la sua radio trasmette a tutto volume, di tanto in tanto associata a più colpi di tromba, il tutto degnamente amplificato dai suoni di musiche e trombe dei numerosissimi automobilisti della città, è già un sorprendente regalo. 

Poiché ci fa vivere un’atmosfera del Cairo invero particolare. Un regalo che si aggiunge al fatto che ci vuol portare nei luoghi dove si svolgono i festeggiamenti per due matrimoni. 

Il primo di strada, egiziano, l’altro sudanese, ma all’interno di un teatro.

Dopo aver via via bloccato e interpellato numerosi cairoti, indifferentemente automobilisti e pedoni, ecco che arriviamo al primo appuntamento: una stretta strada, tutta tappezzata a festa, ricoperta da un grande tendone. 

È affollata da gente seduta davanti ad un palco, dove si esibisce una danzatrice del ventre, si fa musica, si leggono i nomi di coloro che hanno offerto denaro o regali alla coppia di sposi. 

           Assieme agli sposi egiziani, 1980 (© Franco Pelliccioni

Dopo essere stati fotografati assieme agli sposi e ai parenti più stretti della coppia, ci sediamo anche noi. Soddisfatti per ciò che stiamo vedendo e vivendo, noi assieme a loro. 

Dopo qualche tempo mi viene passato un narghilè, perché qui gli uomini fumano la shisha. Così mi unisco a loro, godendomi lo spettacolo assieme a Cecilia. 

Verso mezzanotte il nostro cortese anfitrione fa segno che è meglio andar vita, perché il tabacco che sta sul braciere del mio narghilè a quanto pare è stato sostituito dall’hashish… 

Perciò la nostra presenza, lì, potrebbe per noi diventare forse pericolosa!

Così, dopo esserci sbracciati per salutare, ci mettiamo nuovamente in marcia. Vengono consultati altri automobilisti e pedoni. Infine veniamo a sapere (“lui… viene a sapere”) dove si trova il matrimonio sudanese: è in un teatro a Giza.

Così il nostro uomo, dopo aver spiegato chi siamo e che stiamo per recarci in Sudan (e io ci sono già stato), ci accolgono molto volentieri. Ci sediamo. 

Il teatro, non piccolo, è completamente affollato, anche nelle balconate. Un’orchestrina sul palco esegue musica sudanese, interrotta di quando in quando dalla lettura di una serie di nomi.

 Anche qui sono di coloro che hanno fatto regali agli sposi.

Poi si comincia a ballare. Ci chiamano. Andiamo sopra. 

Io mi metto a ballare con le donne, fasciate dalle loro stupende tobe

Subito rimproverato da Cecilia, che mi ricorda che qui io devo ballare con gli uomini in jellabia ed ema (il “turbante”). Mentre lei continua a farlo con le donne. 

Trascorriamo diverso tempo. Alla fine si fa molto tardi. È ora di tornare all’albergo, anche perché domani sera dobbiamo volare fino a Khartoum. 

Così, dopo esserci sbracciati di nuovo per un saluto generale, lasciamo il teatro.

DA: VIAGGI IN EGITTO 1980-2009. CROCIERA AEREA E FLUVIALE SUL NILO; AI CONFINI CON IL SUDAN, ALLA RICERCA DI BERENICE TROGLODITICA E DELLA “CAROVANIERA DEGLI 11 GIORNI”; NEL SINAI

(E-Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, 277 pp., 259 note, 271 immagini, di cui 242 a colori (230 foto sono dell’A.):





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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.

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IL LIBRO E’ DEDICATO ALLA COMPIANTA AMICA E COLLEGA CECILIA GATTO TROCCHI 

(ROMA, 19 GIUGNO 1939- ROMA,  11 LUGLIO 2005)

Saqqara, dicembre 1980



domenica 7 luglio 2024

167. THE HUMAN AND GEOGRAPHICAL SCIENCES IN THE ARCTIC, PRIORITIES AND PERSPECTIVES: AN INTRODUCTORY OUTLINE, PART III - and last -: The Arctic Peoples, between Europe, Asia, America; The Etno-Anthropological and Geographical Studies From: QUI BASE ARTICA DIRIGIBILE ITALIA, SVALBARD. DALLA TERRA DEGLI ORSI POLARI UNA RASSEGNA E UN INVENTARIO CULTURALE DEI POPOLI DEL GRANDE NORD

 

 In one of the showcases of the fascinating, if somewhat outdated, Pitt Rivers Museum in Oxford, from top to bottom and from left to right, all in ivory: chain in the shape of animals (Icy Cape, Alaska, Western Eskimos, collected by Captain Beechey, 1826); knife and fish (Captain Lyon, 1884); ornamental bow drill (walrus, engraved) for making fire (Alaska, Kotzebue Sound, Beechey, 1826); netting needle, Western Eskimos (Beechey, 1826); walrus tusk (Eskimos, Baffin Island, 1925) (© Franco Pelliccioni)

[Paper read on the 15 May 1997 at the International Workshop held at Ny Ålesund (Spitsbergen Island, Svalbard), during the Official Opening of the Italian Arctic Base of the CNR "Dirigibile Italia"]

The Arctic Peoples, between Europe, Asia, America

 The peoples living in the Arctic, apart from single differentiations and particular life-rhythms, show an amazing background homogeneity.

We can, therefore, refer to a well definitive cultural cluster, that of the Arctic Peoples; the Sami Hætta speaks about a "circumpolar culture".

The basis of these cultures has adopted, not only ergological and survival systems (based on hunting, fishing and, in Eurasia, reindeers breeding), but also control mechanisms, that try to protect and to keep the unity of the group, at a family level, as well as at a collective level. And with the contemporary presence of cultural features and elements that, to an external observer, could result "strange" or terrible.

The linguistic families of Boreal peoples, that live the immense expanses of tundra or taigà of the Great North, group themselves in three big entities: Paleo-Asiatic, Ural-Altic, Eskimo (Inuit)-Aleuts.

The rigid climatic conditions of the Circumpolar area for centuries have prevented to the white people and their mass culture to penetrate deep into the Arctic.

The only historical example that comes straight away into my mind concerns the two Viking settlements in Southern Greenland, that didn't outlive the swift climate deterioration.

Also, because they found themselves in a sudden and violent collision with the Inuit, that were pushing through their territory. At a whole the demographic consistence of Circumarctic autochthonous peoples is around almost eight hundred thousand individuals: 600,000 Northern Siberians and Northern Russians, besides 100,000 Inuit (Eskimos) and 55,000 Sami (Lapps).

The Etno-Anthropological and Geographical Studies

The Cinderella of Arctic studies is personified by the sciences that here I represent, the ethno-socio-anthropological and geographical-ones.

As in 1994 it was evident, during my field-work in this archipelago. My research has been the first in the history of the islands.

In spite of the fact the Svalbard have been, for long time, an unicum in the world, an authentic, outstanding social and cultural laboratory (not at all "utilized"), in which life-styles and cultures, ideologies, strongly antithetical economic systems have had the chance to pacifically coexist among themselves, for decades.

As a matter of fact, the studies belonging to the exact and natural sciences have always been more privileged, here and elsewhere.

I remind that the seed of an Arctic Science has been laid down by Martens, an Hamburg surgeon, who in 1671 made the first botanical collections in the island of Spitsbergen.

 William Scoresby Jr. (1789-1857), engraving from 1821


Instead, An Account of the Arctic Regions, of 1820, written by the whaler Scoresby, formed an authentic, imposing summa of the knowledges there were up to that moment.

For time reasons, that I know unbreakable, is not possible for me, now, going on in speaking on ethno-anthropological matters, as I wished.

That of today afternoon is necessarily only one very modest introduction to a review of the human and geographical sciences in the Arctic, job whose integral layout has a wider extension.

As it is possible to see in the summary has been handed to you together with my paper.

There I have had the possibility to deal with scientific priorities, of single Arctic regions, as well as through focusing numerous problematic areas that are part of my discipline (in its different specializations) and of the geographical sciences.

If it will be still allowed me, I would like only to conclude in hinting to an aspect I believe extremely useful and important for the same future of Italian Arctic research: that concerning scientific popularization, that in parallel should follow any scientific activities, and of this be of support, in order to establish a favourable attitude and an informed consent to our Arctic activities.

The Italian public opinion could, as it happened with other enterprises carried out in distant regions, the space, or recently for Himalaya and Antarctic, be sensitized, in acquiring better knowledge and interest for activities of an "apparent" exotic taste.

Such an informative-cognitive input could act in future on two levels:

a) as a moral support to the activity of our scientists in the Arctic;

b) as a precious fly-wheel and propeller, towards mass media and political administrators, for further and more profitable involvements in Arctic research activities.

In a complex world like the one we are living in, where nevertheless everything remains emotionally, still for so many, too many... absolutely flat and grey, solicitations of this kind could draw an unexpected, but welcome, wave of consent and interest, tickled by a taste for adventure and the "different".

The same famous Malaurie discloses how the support given to him by an attentive public opinion was also owed to the numerous interviews and presences, granted and made, on newspapers, radio and television.

Also, if he was well aware of the fact that not all his university colleagues, afterwards, were going to agree on this!

He maintains, likewise, that "vulgariser, ce n'est pas abaisser (...) A la télévision, les films sont des moyens d'éducation et de communication aussi importants et nécessaires que le livre. Je reste convaincu que, par-delà mes séminaires aux Hautes Etudes, il est une plus grande université: celle du public. Et il convient toujours de faire appel à son intelligence".

From: QUI BASE ARTICA DIRIGIBILE ITALIA, SVALBARD. DALLA TERRA DEGLI ORSI POLARI UNA RASSEGNA E UN INVENTARIO CULTURALE DEI POPOLI DEL GRANDE NORD



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