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sabato 7 settembre 2024

218. Dopo il terremoto del 1755, la città di Lisbona, come l'Araba Fenice, risorge dalle sue ceneri. Tre violente scosse di terremoto distruggono buona parte della città il 1° novembre del 1755 ; Per una settimana gli incendi devastano le case; La distruzione di Lisbona si completa con uno tsunami: tre ondate alte sei metri fanno naufragare tutte le navi in porto; “Seppellire i morti e sfamare i vivi”, le priorità del Pombal; Nel Museu Nacional do Azulejo posso ammirare Lisbona com'era prima del terremoto, grazie ad un lungo pannello piastrellato. DA: LISBONA, TRA TRADIZIONE E MODERNITA’. ALLA SCOPERTA DI UN’INSOLITA “CAPITALE-VETRINA” ATLANTICA

 

Ritratto di Sebastião José de Carvalho e Melo, Primo Marchese di Pombal (Louis-Michel van Loo e Joseph Vernet, 1766, Museo di Lisbona) 
Cosa c'è nel libro:

PARTE PRIMA

INTRODUZIONE: LE GRANDI ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE PORTOGHESI E L’IMPERO D’OLTREMARE, ALLA BASE DEL GRANDIOSO SVILUPPO DELLA CITTA’ DI LISBONA; CAP. 1 DOPO IL TERREMOTO DEL 1755, LA CITTA’ DI LISBONA, COME L’ARABA FENICE, RISORGE DALLE SUE CENERI; CAP. 2 PASSEGGIANDO PER LISBONA: L’ALFAMA; CAP. 3 PASSEGGIANDO PER LISBONA: BAIXA, LA «CITTA’» POMBALINA; CAP. 4 NEL BAIRRO ALTO DI LISBONA, DOVE È NATO IL CANTO DELL’ANIMA PORTOGHESE: IL FADO. Il CHIADO; CAP. 5 “AL DI LÀ” DEL CENTRO DI LISBONA: OUTRA BANDA, ESTRELA, LAPO : Outra Banda; Estrela; Il Museo di Arte Antica, Lapo, CAP. 6 UN’«AVVENTURA URBANA»: SFERRAGLIANDO TRA LE COLLINE DI LISBONA, CON IL TRAM 28; CAP. 7 IL MUSEO ETNOGRAFICO DELLA SOCIETA’ GEOGRAFICA DI LISBONA, BAIXA; CAP. 8 MUSEO DELLA FONDAZIONE  GULBENKIAN, AVENIDAS NOVAS; CAP. 9 MUSEU NACIONAL DO AZULEJO, XABREGAS; CAP. 10 OCEANÁRIO, PARQUE DAS NAÇOES, ZONA ORIENTAL:Parque das Naçoes; Oceanário; Acuário Vasco da Gama; CAP. 11 IL MOSTEIRO DOS JERÓNIMOS, CAPOLAVORO DELLO STILE ARCHITETTONICO MANUELINO, BELÉM; CAP. 12 MUSEU DA MARINHA, IL MUSEO MARITTIMO PORTOGHESE, BELÉM; CAP. 13 PADRÃO DOS DESCOBRIMENTOS, BELÉM; CAP. 14 LA TORRE, SIMBOLO DELL’ETA’ D’ORO DELLE SCOPERTE GEOGRAFICHE PORTOGHESI, BELÉM; CAP. 15 LA COSTA DE LISBOA: ESCURSIONE A SINTRA, CABO DA ROCA, CASCAIS-ESTORIL: Sintra; Palácio Nacional de Sintra; Cabo da Roca; La “Costa Azzurra” portoghese:

PARTE SECONDA: RITORNO A LISBONA

CAP. 16 PREMESSA: VAGABONDAGGI CASUALI E MIRATI, PER APPROFONDIRE LA CONOSCENZA DI CIÒ CHE È NOTO E “SCOPRIRE” NUOVI LUOGHI E PROSPETTIVE; CAP. 17 DALL’ALFAMA ALLE STUPEFACENTI SCOPERTE ARCHEOLOGICHE NELL’ANTICO CAMPO DAS CEBOLAS; CAP. 18 UNA PAGINA BUIA DELLA STORIA DI LISBONA: LA CHIESA DI SÃO DOMINGOS E IL MONUMENTO, CHE RICORDA IL MASSACRO DEGLI EBREI CONVERTITI IL GIORNO DI PASQUA DEL 1506; CAP. 19 OSSERVANDO LA PRAÇA DA COMÉRCIO DALL’ALTO DELL’ARCO TRIONFALE: 19.1 Prima del terremoto del 1755: Il Palazzo da Ribeira e il Terreiro do Paço; 19.2 Dopo il terremoto del 1755: la Praça de Comércio è il nuovo centro direzionale amministrativo, politico e commerciale del Portogallo; 19.3 Una lunga “passeggiata ad arco: il lungofiume, l’antico cantiere navale e l’arsenale, la stazione ferroviaria di Cais do Sodré , il “nuovo” Mercato da Ribeira, Chiado e Bairro Alto, la funicolare Bica, Miradouro de São Pedro de Alcãntara. Ritorno alla Baixa, con la funicolare Gloria; CAP. 20 PER CONCLUDERE: UN TRAMONTO A LISBONA; APPENDICE: 1. I Cavalieri Ospedalieri dell’Ordine di San Giovanni e i Templari tra i crociati, che nel 1147 aiutarono Afonso Henriques, a scacciare i Mori dal Castello di São Jorge; La chiesa di Santa Luzia e São Brás; Una digressione sugli Ordini Militari-Religiosi: Cavalieri Templari, Ospedalieri di San Giovanni (in futuro di Malta), Teutonici; 2. “Ritrovato”, all’inizio del xx secolo, il terremoto “dimenticato” del 1531; 3. Gli altri terremoti di Lisbona

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Dopo il terremoto del 1755, la città di Lisbona, come l'Araba Fenice, risorge dalle sue ceneri

 L’anima portoghese e, in particolare, dei lisboeti, è rimasta profondamente e tenacemente ancorata al passato. 

Sia a quello eroico delle grandi scoperte geografiche (per il Portogallo e Lisbona il secolo d’oro fu il XV-XVI), che alla grandiosità di un impero sparso su tre continenti e da tempo svanito. 

Un ricordo del passato vissuto con un misto di nostalgia e di rimpianto, in un palese stato di saudade, come è stata definito, che ha trovato la sua più appariscente manifestazione (...)  nelle particolari e suggestive sonorità delle canzoni del fado: “fato”, “destino”. 

 Tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI secolo in prossimità del fiume veniva costruito un Palazzo reale e l’imponente piazza del Terreiro do Paço (“Terreno del Palazzo”). 

Ad ovest, su posizione elevata, iniziò invece a svilupparsi un altro quartiere, il Bairro Alto, destinato ai nuovi mercanti che, sempre più numerosi, andavano a vivere in città. 

 La scoperta dell’oro in Brasile (1697) impose un colpo di acceleratore alle opere pubbliche di Lisbona, tra cui ricordo l’importante ed imponente costruzione dell’Acquedotto di Águas Livres, che portò l’acqua fin nella gola dell’Alcantara (1748). 

 Di per sé quanto ho appena sottolineato potrebbe essere sufficiente per stupire il visitatore. 

Eppure c’è, ancora, parecchio altro. 

Poiché Lisbona, come l’araba fenice, è una città risorta dalle sue ceneri, e non solo metaforicamente… 

Tre violente scosse di terremoto distruggono buona parte della città il 1° novembre del 1755 

Oggi, osservandola ed ammirandola, sembra impossibile pensare come buona parte della zona centrale, ma anche di altre aree della città, siano state interamente distrutte da un violentissimo terremoto scatenatosi esattamente 265 anni fa, con epicentro nell’Atlantico, a circa 200 km ad ovest-sud ovest di Capo St. Vincent. 

Gli esperti hanno calcolato come la sua magnitudo possa aver toccato, forse addirittura superato, gli 8.6 punti della scala Richter.

 Tutto accadde domenica 1° novembre, festività di Tutti i Santi, in un giorno di festa e di intensa e vissuta partecipazione religiosa. 

Quando i cittadini affollavano le chiese cittadine, illuminate da migliaia di candele accese. 

La prima di tre tremende e lunghe scosse, complessivamente durate dieci minuti, un’eternità per un sisma…, ebbe luogo alle 9,30. 

Per una settimana gli incendi devastano le case 

Le scosse furono seguite da incendi devastanti, a causa delle candele, ma anche dei fuochi lasciati nelle case abbandonate in tutta fretta. 

I violenti e devastanti roghi durarono per sette giorni. 

La distruzione di Lisbona si completa con uno tsunami: tre ondate alte sei metri fanno naufragare tutte le navi in porto 

Al tutto si andò poi ad aggiungere, per completare la nefasta opera, anche uno tsunami: tre gigantesche ondate in successione, che raggiunsero un’altezza di sei metri sulla sponda del fiume.

 In un primo momento le acque dell’estuario si ritrassero notevolmente, lasciando visibile parte dei fondali. 

Poi, solamente mezz’ora dopo la prima scossa, iniziarono a frangersi duramente sulla parte bassa della città. 

 Inondandola e facendo naufragare quanti avevano pensato di cercare scampo a bordo delle navi attraccate ai moli del porto. 

Un bilancio pesantissimo di vite:  30-70.000 morti

Il bilancio finale di una così inaudita violenza non poteva che essere tremendo: distruzione di tutti i grandi edifici pubblici e di 12.000 case. 

Per quanto riguarda le vittime, le stime vanno dalle 30.000 alle 70.000, anche se non tutti gli studiosi si trovano concordi. 

Lisbona contava allora 250.000 abitanti ed era una delle più popolose città europee (...) . 

  Grazie all’energico e mastodontico impulso che il Primo Ministro (...) Sebastiăo José de Carvalho e Melo, Marquès de Pombal (...), darà alla ricostruzione, i lisboeti avranno la città completamente rimodellata. 

In particolare l’area che aveva subito l’annichilimento totale: la Baixa, la città bassa.

 Oltremodo rapidi saranno gli interventi ricostruttivi: alla fine di quello stesso mese erano state già approntate le idee-guida, che avrebbero supportato la rinascita di Lisbona, grazie ad un progetto, che avrebbe radicalmente modificato l’assetto urbano in maniera “razionalmente geometrica”. 

“Seppellire i morti e sfamare i vivi”, le priorità del Pombal

 La rapidità nel pensare e nell’agire era dettata al Pombal dall’ansia di voler “seppellire i morti e di sfamare i vivi”. 

La sua sarà una grandiosa ed avveniristica pianificazione urbana, certamente unica al mondo. 

(...) Il Pombal ha dotato la città di grandiose piazze, tra loro collegate da una griglia di ampie strade parallele, che giungono fino al fiume.

(...) Certo è che il cuore di Lisbona data dalla fine del XVIII secolo e risulta completamente avulso da quel caotico affastellarsi di viuzze, scalinate, strade, piazzette e calçadas (ripide stradine), che hanno dato vita al nucleo storico sulle alture prospicienti. 

Nel Museu Nacional do Azulejo ammiro Lisbona com'era prima del terremoto, grazie ad un lungo pannello piastrellato 

 Oggi ho anche la possibilità di rendermi conto di ciò che era Lisbona prima del sisma, sia osservando nel Museu Nacional do Azulejo il lungo pannello piastrellato dell’inizio del XVIII secolo, che riproduce fedelmente la città prima della sua distruzione, che rabbrividendo dalla Piazza Rossio, cioè dal cuore stesso di Lisbona, alla vista dei moncherini degli archi della chiesa del Carmo, che svettano come fantasmi dalla vicina e soprastante altura del Bairro Alto… 

DA: LISBONA, TRA TRADIZIONE E MODERNITA’. 

ALLA SCOPERTA DI UN’INSOLITA “CAPITALE-VETRINA” ATLANTICA

E-Book, versione cartacea di grande formato (16,99 x 24,4) a colori e in bianco e nero, 243 pp., 259 note, 288 foto, di cui 278 a colori (248 provengono  dalla mia fototeca)



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E-Book e versione cartacea non illustrata



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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.


 



217. AQABA! AQABA! Dall’alto delle mura del forte turco immagino l’arrivo al galoppo degli Howeitat e delle altre tribù beduine, dopo una traversata lunga 965 km. Sento le urla incomprensibili degli arabi, ma riconosco solo: Allahu Akbar! Urla e grida alle quali fanno da contraltare quelle parimenti inintelligibili dei turchi. Mentre le bandiere nere e verdi dell’Islam, con la scritta: Non c’è Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo Profeta, garriscono al vento. Perché, in šāʾ Allāh, questa è una vera e propria santa jihâd! LAWRENCE D’ARABIA, LA RIVOLTA ARABA E LA FERROVIA DELL’HEJAZ, COSTRUITA PER I PELLEGRINI DIRETTI ALLA MECCA (HAJJI), MA CHE SI DOVETTE ARRESTARE A MEDINA. DA: IL GIRO DEL MONDO… IN 15 TRENI: TRANSCONTINENTALI E DI LUSSO, DI PENETRAZIONE COLONIALE E MILITARE, DEI CERCATORI D’ORO, DEGLI HAJJI, “ALPINISTICI”

 

 Lawrence d’Arabia fotografato dopo la Battaglia di Aqaba

Cosa c'è nel libro: 

AFRICA: Alessandria-Cairo, prima ferrovia dell’Egitto, dell’Africa, del Levante; La "ferrovia del deserto", Egitto-Sudan; A bordo di un treno della celebre “ferrovia di penetrazione” Mombasa-Kampala: l'Uganda Railways, Kenya; Il Lézard Rouge dei Bey di Tunisi, Tunisia; ASIA: La Ferrovia dell'Hejaz: La Damasco (Costantinopoli)-Medina; La Ferrovia Costantinopoli (Berlino)-Baghdad La Rumeli Demiryolu e l'Orient Express.  AMERICAWhite Pass and Yukon Route (Alaska, Stati Uniti -Yukon, Canada); Viaggio nella Colombia Britannica a bordo della cabina della storica locomotiva Royal Hudson, Canada; “C'era una volta il treno”... Storia della "Strada della Gente", la ferrovia dell’isola di Terranova, Canada; "Quel treno per Santa Fe": l'Atchison, Topeka e Santa Fe & Railway System nel "selvaggio" Sud-Ovest degli Stati Uniti, tra Natura e Cultura. EUROPAViaggio sulla storica ferrovia Parigi-Saint-Germain-en-Laye, Francia; Le Tramway du Mont-Blanc (T.M.B.): il tram che voleva arrivare sulla sommità del Monte Bianco, Francia;  Treno per Montenvers e la Mer de Glace, Francia. In viaggio da Dublino a Kingstown, oggi Dún Laoghaire, sul primo treno del paese (1834), Irlanda. 

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In Asia

(…) Superato il Canale di Suez, siamo già in Asia, che ci aspetta con ben tre treni ma, soprattutto, con un’Avventura all inclusive

Perché qui incontreremo una delle figure più straordinarie che la Grande Storia ci ha regalato. 

Un personaggio che un filone filmico assai di moda, e gradito ai più giovani, definirebbe oggi un “Supereroe”… 

D’altronde vorrà pur dire qualcosa se, di norma, al suo cognome preferiamo apporre, non il vero nome, ma quello di un immenso paese desertico. 

Del resto Lawrence d’Arabia (1888-1935) è una delle figure più leggendarie emerse dalla Grande Guerra. 

Un paladino che si è battuto contro i turchi, ma anche contro l’establishment britannico, in favore delle più che giuste rivendicazioni politiche dei popoli arabi, dei bedu, i beduini del deserto. 

Popoli e genti che iniziò a conoscere e a rispettare fin da quando girò in lungo e in largo il Medio Oriente, per la sua tesi sui castelli crociati e, poi, per scavare come archeologo in Siria. 

Diventando ben presto per tutti loro Laurens Bey El Laurens, indifferentemente. 

   Sarà lui ad impadronirsi della famosa Aqaba e a far sì che i suoi raids sferrati contro la Ferrovia dell’Hejaz, che congiungeva Damasco (Costantinopoli) a Medina, costituiranno la prima pallina di neve scivolata sul pendio innevato, che alla fine si trasformerà in una gigantesca valanga, che tutto e tutti travolgerà.

   L’Asia mi dà così la possibilità di accennare alla Ferrovia dell’Hejaz. 

Costruita per portare i pellegrini (hajji) originariamente alla Mecca, ma che invece si dovette arrestare a Medina. 

A più riprese ho osservato binari, stazioni, locomotive, carrozze, sia in Giordania, che ad Istanbul (...). 

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Lawrence d’Arabia, la Rivolta Araba e la Ferrovia dell’Hejaz, costruita per i pellegrini diretti alla Mecca (hajji), ma che si dovette arrestare a Medina 

 Da tempo le tribù beduine usavano attaccare treni e stazioni, saccheggiando passeggeri, personale delle ferrovie, soldati. 

Evitando con cura di assalire le stazioni meglio difese. 

Il viaggio dei pellegrini continuava, perciò, a restare pericoloso, anche se non come prima. 

 Nel marzo del 1917 Lawrence lanciava il suo primo attacco alla ferrovia. 

 Seguito a settembre dalla distruzione di un convoglio turco, realizzato facendo saltare in aria un ponte a Mudawwara, 80 miglia a sud di Ma’an, al confine di quella che, in futuro, sarà l’Arabia Saudita. 

Facendo anche cadere in un’imboscata la squadra turca mandata a ripararlo. 

Così la rivolta, seguendo la tipica strategia araba del: colpisci il nemico, saccheggia, infine scappa, sarà adottata e, poi, ulteriormente perfezionata, da Lawrence. 

In questo modo tra Ma’an e Mudawwara si distruggeranno treni, binari, ponti e stazioni e si cattureranno migliaia di soldati ottomani

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Il forte di Aqaba

 In origine un castello crociato del XII secolo, il forte di Aqaba venne ricostruito nel 1587 (...) 

Diventerà un khan (caravanserraglio) destinato ai pellegrini (...)

Quasi subito dopo il mio arrivo, non posso non andare a visitarlo.

 Perché, in cuor mio, forse da decenni aspettavo quel momento. 

Sui suoi spalti a pieni polmoni respiro l’aria di mare, che soffia forte sul Golfo di Aqaba, e con essa la Grande Storia, la Storia della Rivolta Araba di Lawrence d’Arabia. 

Archeologo diventato spia, dopo essere stato cooptato al Cairo nello storico e scelto cenacolo britannico dell’Arab Bureau.

Sterminati i soldati turchi di Abu el-Lissal, i beduini attaccano il forte di Aqaba 

Da là sopra immagino l’arrivo al galoppo sui mehari degli Howeitat e delle altre tribù beduine (...), che via via avevano ingrossato le fila di quel ben determinato pugno degli Howeitat di Auda Abu Tayi, nel corso della loro grandiosa traversata ad arco, lunga ben 965 km, fino ad Aqaba. 

Che avevano raggiunto da Al Wajh, sul Mar Rosso, dopo due mesi (9 maggio 1917). 

Senza neanche dover attraversare il temibile Nefud (...). 

 A non molta distanza da Aqaba e del mare, su un passo che scende dall’altopiano, dapprima si impossessano della ridotta turca di Abu el-Lissal. 

 Niente può opporsi all’inarrestabile furia dei beduini. 

A poco serve il modesto cannone di montagna dei turchi. 

I soldati vengono travolti senza pietà dalla valanga degli oltre 400 cammelli, che corrono a 50 km/h. 

Tutti i turchi, oltre 350, sono trucidati (...)

E Aqaba? 

I 300 soldati a difesa del forte non si aspettano, certo, che per arrivare fin là si potesse attraversare il deserto. 

Così, prima ancora che riescano a voltare verso il pendio alle loro spalle i cannoni Krupp di grosso calibro e le mitragliatrici pesanti, ambedue puntati dove si attendeva un eventuale attacco britannico: le acque del Golfo di Aqaba, immagino le incomprensibili urla degli arabi presi dalla foga della carica finale, di cui noi oggi forse riusciremo a riconoscere… esclusivamente due parole: Allahu Akbar!

 Urla e grida alle quali fanno da contraltare quelle parimenti inintelligibili dei turchi, che cercano, prima di opporsi, poi di fuggire verso il nulla, il tutto accompagnato dal rumore secco, penetrante, tremendo dei colpi di fucile, della mitraglia, dei fendenti delle sciabolate. 

Mentre le bandiere nere e verdi dell’Islam, con la scritta: Non c’è Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo Profeta, garriscono al vento. 

Perché, Inch’Allah (in šāʾ Allāh), questa è una vera e propria santa jihâd contro gli invasori e oppressori, anche se pure loro sono musulmani! 

 È il 6 luglio del 1917 e Aqaba, l'unico porto ottomano rimasto sul Mar Rosso, un’autentica minaccia per le forze egiziane, che si preparano ad avanzare in Palestina, è nelle mani di Lawrence. 

La sua caduta permetterà ai britannici di inviare gli indispensabili rifornimenti di armi e materiali alla Rivolta Araba.

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Sulle tracce di Lawrence e della ferrovia dell'Hejaz, tra Abu el-Lissal, Maan, Amman (e Istanbul) 

 Dalla mia “base” di Tala Bay, a sud est di Aqaba, a non molta distanza dal confine con l’Arabia Saudita, mi metterò sulle tracce di Lawrence, che sono le stesse della ferrovia. 

Viaggiando parallelo ai suoi binari, prima ad est verso l’Arabia, poi in direzione nord. 

Grazie all’Autostrada del Deserto che, grosso modo, affianca la pista carovaniera dell’hajji e, quindi, anche della ferrovia (...). 

La destinazione finale, di quella che risulterà un’altra intensa giornata giordana, è a 128 km di distanza.

 Dopo una sosta ad Abu el-Lissal, eccomi nella cittadina di Ma’an, dove prima visito l’antico e solido forte. 

Dal 1983 una prigione, oggi centro artistico locale. 

 Poi la vicina stazione ferroviaria rimasta incredibilmente tale e quale da quando fu costruita. 

Naturalmente non posso non visitare il Museo del re Abdullah I, ricco di ricordi e paraphernalia della ferrovia e della Rivolta Araba (...). 

La Ferrovia dell’Hejaz oggi e la stazione di Amman 

 La linea a scartamento ridotto (1.050 mm) è di tutto rispetto, perlomeno per la sua lunghezza: 1.322 km di percorso. 

L'unica parte esistente è nel nord, sia della Siria, che della Giordania.

 Oggi solo quella giordana continua ad essere relativamente in esercizio. 

Quella siriana, degradata e danneggiata, da tempo non è più utilizzata. 

E dire che prima del conflitto un treno passeggeri collegava Damasco ad Amman. 

L’Arabia Saudita aveva pensato ad una riapertura della ferrovia, che si sarebbe però dimostrata costosissima e non più necessaria. 

Oggi molti pellegrini utilizzano l’aereo…(...)  

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DA: IL GIRO DEL MONDO… IN 15 TRENI: TRANSCONTINENTALI E DI LUSSO, DI PENETRAZIONE COLONIALE E MILITARE, DEI CERCATORI D’ORO, DEGLI HAJJI, “ALPINISTICI” 


241 pp., 223 foto, di cui 136 a colori (102 sono dell'A.), 254 note, bibliografia 

E-Book: https://www.amazon.it/dp/B07XPFQGLW

Versione cartacea a colori:  https://www.amazon.it/dp/1692957171 

Versione cartacea in bianco e nero: https://www.amazon.it/dp/1693164949 

martedì 3 settembre 2024

216. L'antropologo ASHLEY MONTAGU, paladino della dignità umana e autore di ELEPHANT MAN. Gli straordinari contributi sulla RAZZA (è tra gli autori della Dichiarazione sulla Razza dell’UNESCO, 1951), sull'AGGRESSIVITA', sull'AMORE: "Non sapremo mai come amare, a meno che non ci insegnino ad amare, a meno che non impariamo ad amare altri che sappiano come amare (...) le scoperte sui bambini che in ogni cultura sono privati dell’amore: a casa, nelle istituzioni o in qualsiasi situazione, sono identiche. Non essendo stati amati, non imparano ad amare gli altri… Se le frustrazioni sono quantitativamente sufficienti nel corso dei periodi critici dello sviluppo, la risposta sarà invariabilmente la stessa (...) Risposta che chiamiamo aggressività o comportamento aggressivo…"). DA: LE GRANDI AVVENTURE DELL’ANTROPOLOGIA VOL: 2

  

Joseph Merrick (1862-1890): Carte de visite distribuita al pubblico degli spettatori. La foto (ca. 1889) venne pubblicata per la prima volta proprio da Montagu nel libro The Elephant Man: A Study in Human Dignity, 1971  

Cosa c'è nel libro

Thor Heyerdahl,  Charles Hose, Everard im Thurn,  Jesup North Pacific Expedition 1897-1902 (Bogoras, Farrand, Fowke, Hunt, Jacobsen, Jochelson, Jochelson-Brodskaya, Laufer, Smith, Swanton, Teit, Franz Boas),  Clyde Kay Maben Kluckhohn,  Michel Leiris, Ralph Linton,  Henri Lhote, Robert Lowie, Jean Malaurie, Edward Man, Margaret Mead, Alfred Métraux, Ashley Montagu, Siegfried Nadel, Kurt Nimuendajú, Erland Nils Nordenskjöld, Hortense Powdermaker, John Wesley Powell, Charles Rabot,  Radcliffe-Brown,

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(...) noi tutti gli dobbiamo molto! Quante volte, affrontando la spigolosa problematica del razzismo, ho fatto immancabile riferimento ai suoi libri… 

Perché è stato il primo, nel 1942, a scardinare le perniciose tesi che circolavano sulla razza. 

(...) I suoi studi precorritori hanno l’eccezionale merito di aver fatto compiere un balzo in avanti all’intera umanità. 

Malgrado la realtà spesso sia ben altra, con le sue enormi contraddizioni, sempre pronte ad esplodere qua e là, in numerose parti nel mondo… 

 Tuttavia in ogni remoto angolo del globo studiosi e “uomini della strada” danno oggi per scontati fatti, che tanto ovvi un tempo non erano. 

Lo studioso di vaglia è stato infatti anche uno straordinario divulgatore, secondo forse solo alla Margaret Mead, perché amava trasmettere il proprio messaggio alla gente comune (...).

Israel Ehrenberg, poi divenuto Francis Ashley Montagu, nasce nell’East End londinese in una povera famiglia ebrea nel 1905. 

Non compreso dai genitori, fin da piccolo si rifugia in mondo tutto suo, dove il silenzio è la regola! 

Una vita difficile, tormentata, senza dialogo e senza amore, che lo segna profondamente nell’anima, ma positivamente: lotterà per tutta la vita affinché altri non soffrano come lui. 

 L’Amore costituisce, così, il leit motiv della sua vita professionale, facendo da scenario a scoperte, teorie e riscontri: “gli esseri umani sono nati con la capacità di amare. 

Non sapremo mai come amare, a meno che non ci insegnino ad amare, a meno che non impariamo ad amare altri che sappiano come amare” (...).

Trasferitosi negli Stati Uniti, studia nella Columbia University di New York. 

(...) Assistente Professore di Anatomia nella Scuola di Medicina della New York University (...), Professore Associato nell’Hahnemann College di Filadelfia (...), Professore e Capo del Dipartimento di Antropologia nella Rutgers University (...), insegnerà anche ad Harvard, Princeton e nell’Università della California (...), un suo carissimo amico fu Albert Einstein.

 I contributi che è in grado di apportare a scienza e conoscenza scaturiscono dalla sua triplice formazione: biologica, antropologico-culturale, antropologico-fisica.

 Alla faccia delle imperanti superspecializzazioni, riesce a cogliere nel segno prima di tanti altri, poiché non gli sfugge la realtà nel suo complesso ed è pertanto capace di sottoporre “al microscopio” anche alcune teorie scientifiche. 

Parlando dell’uomo, Montagu concilia sia l’aspetto biologico, che quello culturale.

 Mostrando come educazione e cultura ne plasmino la natura. 

In particolare si interessa all’aggressività: non è una naturale predisposizione umana e alla razza: un concetto specioso e pericoloso nelle scienze sociali, che va fermamente rigettato. 

 Essenzialmente è una “costruzione” dell’uomo priva di basi biologiche, per cui demolisce sistematicamente le pretese di superiorità - o inferiorità - razziale

La sua è un’autentica “rivoluzione culturale”, che avviene quando il nazismo è all’apice, anche se la problematica lo interessa fin dalla metà degli anni 1920. 

Non a caso è tra gli autori della fondamentale Dichiarazione sulla Razza dell’UNESCO (1951)

 Il suo ruolo è preminente anche quando la Suprema Corte stila, nel 1954, la storica sentenza antisegregazionista (...)

Ovviamente Montagu si interessa profondamente al rapporto madri-figli. 

Per quanto riguarda l’amore materno: “le scoperte sui bambini che in ogni cultura sono privati dell’amore: a casa, nelle istituzioni o in qualsiasi situazione, sono identiche. 

 Non essendo stati amati, non imparano ad amare gli altri… 

Sono frustrati. 

Se le frustrazioni sono quantitativamente sufficienti nel corso dei periodi critici dello sviluppo, la risposta sarà invariabilmente la stessa, al fine di suscitare ed evocare l’attenzione loro sottratta. 

Risposta che chiamiamo aggressività o comportamento aggressivo… 

L’evidenza mostra come l’uomo sia una creatura altamente cooperativa e le spinte di neonati e bambini orientate a sviluppare amore e cooperazione” (...). 

 Elephant Man, libro e film: la storia di Joseph Merrick

Elephant Man: A Study in Human Dignity, New York 1971 (da cui è tratto il celebre film del 1980) narra la storia di Joseph Merrick, il deforme personaggio dell’ottocento che, nonostante la mostruosità, lo sfruttamento come attrazione da baraccone vittoriano, i traumi subiti, rimane un essere umano, gentile ed intelligente

Montagu ricorda come la madre abbia avuto per lui molte attenzioni. 

 Amandolo fino alla sua morte, quando il bambino ha solo dieci anni

Un tempo sufficiente per Merrick, che ha imparato ad amare ed essere amato, sviluppando un fondamento di umanità, che gli consente una vita dignitosa (...).

 DA: LE GRANDI AVVENTURE DELL’ANTROPOLOGIA 

Antropologi culturali, sociali, fisici, applicati, etnologi, etnografi, etnomusicologi, etnostorici, 
Vol. 2: da THOR HEYERDAHL AD ALFRED REGINALD RADCLIFFE-BROWN
(181 pp., 131 note, 163 immagini - 1 è dell'A. -)



E-Book: https://www.amazon.it/dp/B07J5J84J2


Versione cartacea: https://www.amazon.it/dp/1728759420



lunedì 2 settembre 2024

215, Isolamento geografico dell'Islanda; Epidemie, rigori climatici, terremoti, eruzioni vulcaniche; La Grande Catastrofe e la Carestia della Nebbia; Si pensa allo sgombero totale degli isolani (fine XVIII secolo); Timidi interventi danesi a favore dell’Islanda. Da: AI CONFINI D’EUROPA. VIAGGIO-RICERCA NELL’ISLANDA DEI VULCANI, DEI GHIACCIAI, DELLE SAGHE, DEL MONDO VICHINGO

Per accostarsi alle coste islandesi bisognava anche superare gli ostacoli della banchisa (da Owell, 1893) 
Cosa c'è nel libro:

1.PREMESSA; 2. INTRODUZIONE ALL'ISLANDA. PARTE PRIMA: NATURA; 3. INTRODUZIONE ALL'ISLANDA. PARTE SECONDA: CULTURA; 4. REYKJAVÍK, UN'OASI NEL DESERTO DI GHIACCIO; 5. REYKJAVÍK: DA FATTORIA VICHINGA A CAPITALE DELLA REPUBBLICA ISLANDESE; 6. ÁRBÆJARSAFN, IL MUSEO ALL’APERTO DI REYKJAVÍK; 7. IL ÞJÓÐMINJASAFNIÐ ÍSLANDS, Il MUSEO NAZIONALE ISLANDESE; 8. NÁTTÚRUFRÆÐISTOFNUN ÍSLANDS, IL MUSEO DI STORIA NATURALE DI REYKJAVÍK E I PINGUINI DELL'EMISFERO SETTENTRIONALE; 9. LA CITTA’ DI HAFNARFJÖRÐUR E LO SJÓMINJASAFN ÍSLANDS, IL MUSEO MARITTIMO ISLANDESE; 10. SECOLI DI "GUERRA DEL MERLUZZO" TRA INGLESI E ISLANDESI NELL'ATLANTICO DEL NORD; 11. LO SNÆFELLSNESJÖKULL, PUNTO DI PARTENZA DELLE IMPRESE VICHINGHE IN TERRA AMERICANA; 12. I VULCANI HELGAFELL E ELDFELL A HEIMAEY, ARCIPELAGO DELLE ISOLE VESTMANNAYJAER: CRONACA DI UNA DRAMMATICA ERUZIONE ISLANDESE "A LIETO FINE"; 13. LA GRANDE FESTA POPOLARE DI ÞHJÓÐHÁTÍÐ, HEIMAEY; 14. SURTSEY, L'ISOLA VENUTA DAL MARE; 15. NEL “TRIANGOLO D’ORO” ISLANDESE; 16. SKÁLHOLT, PRIMA SEDE EPISCOPALE DELL’ISOLA; 17. L'HEKLA: LA "PORTA" MEDIEVALE DELL'INFERNO; 18. NELL'ISLANDA MERIDIONALE, LA TERRA DELLE SAGHE E I VULCANI EYJAFJÖLL E KATLA; 19. LA CATASTROFICA ERUZIONE DEL LAKI DEL 1783-84 RISCHIÒ DI FAR SGOMBRARE L'INTERA ISOLA; 20. SOTTO IL VATNAJÖKULL SI NASCONDE LA POTENZA DISTRUTTIVA DI TRE VULCANI; 21. VIAGGIO AL CENTRO DELL’ISLANDA SULLA RING ROAD, DALLA COSTA MERIDIONALE AL LAGO MYVATN; 22. SPEDIZIONE NELLA REMOTA REGIONE ISLANDESE DELL'ASKJA: DA SECOLARE RIFUGIO DEI FUORILEGGE A PALESTRA DEGLI ASTRONAUTI STATUNITENSI DELL'APOLLO; 23. NELLA STORIA DELLE ESPLORAZIONI SCIENTIFICHE DUE MISTERI "GEOLOGICI" TRA EUROPA E AFRICA; 24. UNA "DISCESA" NELL'INFERNO DANTESCO DEL VULCANO KRAFLA IL LAGO MÝVATN. LA CASCATA DI GOÐAFOSS; 25. ALLA SCOPERTA DELLA CITTA’ DI AKUREYRI, CARATTERIZZATA DA UN MICROCLIMA PARTICOLARMENTE MITE PER GLI STANDARD DELL'ISOLA; 26. L’ISOLAMENTO GEO-STORICO DELL’ISLANDA; 27. VIAGGIATORI IN ISLANDA (XV-XVIII SECOLO); 28. VIAGGIATORI IN ISLANDA DEL XIX SECOLO; 29. ALL’INIZIO DEL XIX SECOLO GIUNGE UN VIAGGIATORE INVERO “SINGOLARE”: È HANS JONATAN, PRIMO UOMO DI COLORE IN ISLANDA; 30. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI; 31. MINI-GLOSSARIO GEOGRAFICO 

L'isolamento geografico dell'Islanda 

Un isolamento nello spazio che va ad aggiungersi a quello a carattere storico-economico. 

Nei secoli entrambi, interagendo sinergicamente, provocheranno gravissime conseguenze sulla popolazione che, al prezzo di inenarrabili sofferenze, tenterà solo di sopravvivere. 

Anche se molti, troppi, non riusciranno nell’intento, perché spesso c’è poco da mangiare e quel poco viene quasi sempre da fuori, dalla Norvegia prima, dalla Danimarca poi. 

O non giunge affatto… 

Sovente l’Islanda è infatti lasciata sola al suo destino, così che pirati ed avventurieri ne approfitteranno ampiamente! 

 Una situazione del genere di per sé sarebbe sufficiente a piegare qualsiasi popolo, sia pure testardo e coraggioso. 

Anche perché, ad integrazione del quadro, c’è pure un’interminabile sequela di tragiche, devastanti, quanto mai letali, calamità e catastrofi naturali: eruzioni vulcaniche, terremoti, epidemie, carestie. 

Per non parlare del clima: gli isolani tra il 1400 e il 1850 sperimenteranno sulla propria pelle anche una Piccola Era Glaciale. 

Al plurisecolare disinteresse della Danimarca per la sorte del remoto possedimento, si deve aggiungere il fatto che, a causa delle  condizioni climatiche, le comunicazioni tra madrepatria e Islanda avvengono esclusivamente nei mesi estivi, mentre sono del tutto assenti nel resto dell’anno. 

Infine, a cavallo dei secoli XVIII e XIX (fino al 1814) sarà praticamente impossibile raggiungere l’isola a causa dei conflitti europei, con annessi blocchi navali: lotta per l’indipendenza americana, guerre napoleoniche, rivoluzione francese. 

Il che provocherà la cronica assenza dei beni essenziali: sale, ferro, legname, grano, ami da pesca, ecc. 

Epidemie, rigori climatici, terremoti, eruzioni vulcaniche  

La Morte Nera (Svarti dauði) colpirà l’isola solo nel 1402-04, oltre mezzo secolo dopo aver infierito sulla Norvegia, grazie al suo isolamento. 

Infatti nel 1349-50 era morto in poco tempo un terzo della popolazione norvegese. 

Causando la cessazione delle spedizioni verso la Groenlandia e la drastica contrazione di quelle verso l’Islanda. 

In Islanda la peste provocherà il decesso di un terzo-metà della popolazione, svuotando interi distretti. 

L’isola sarà colpita da una nuova epidemia nel 1494-95, mentre nel 1707-1709 il vaiolo ucciderà 18.000 persone, pari ancora ad un terzo della popolazione. 

 Anche il clima farà la sua parte... 

All’inizio del XVII secolo quattro lunghi inverni provocano 9000 morti. 

Nel 1695 e 1696 l’isola è interamente circondata dai ghiacci della banchisa. 

Altri terribili inverni saranno quelli del 1784 e 1792. 

 Per quanto riguarda le numerose eruzioni vulcaniche, quasi sempre accompagnate da terremoti e seguite da sofferti periodi di carestia, quella spaventosa dell'Öræfajökull (1727), sotto il ghiacciaio Vatnajökull, durerà un anno. 

È seguita nel 1755 dal Katla, che già nel 1660 ha distrutto molte fattorie. 

Nel 1766 l’Hekla, che nel 1300 già eruttava per la quinta volta nella storia, ha un’eruzione accompagnata da un violento terremoto. 

Ma tra i vulcani islandesi l’Hekla non sarà solo una comparsa, tutt’altro… 

Non solo perché l’eruzione esplosiva del 1104, assieme a quella dell'Öræfajökull del 1362, è tra le più violente di tutti i tempi… 

Ma perché avrà circa 170 “risvegli”, l’ultimo nel 2000 (...). 

La Grande Catastrofe e la Carestia della Nebbia. Si pensa allo sgombero totale degli isolani (fine XVIII secolo)

 Il colpo di grazia sarà comunque inferto nel 1783 dal Laki: la "Grande Catastrofe", la più spaventosa eruzione della storia mondiale, quando la cenere raggiungerà ogni angolo del globo, mentre la Moðuharðindi, la "Carestia della Nebbia", comporterà un’ulteriore contrazione degli abitanti (...). 

Alla fine del XVIII secolo, con il ripetersi delle tragiche catastrofi, la Danimarca medita seriamente di evacuare i superstiti, trasferendoli nello Jutland (...). 

 “Grande mancanza di cibo tra gli abitanti. La gente è pressata dai mendicanti di qui e di altri distretti. La maggioranza del popolo del distretto si è già indebitata nelle stazioni commerciali negli anni precedenti, e hanno raschiato tutto ciò che potevano in modo da pagare. Così adesso devono dare tutto il pesce migliore e conservare il poco rimasto per loro, salvo il flatfish e le teste di merluzzo. Questa è una povera provvista invernale, particolarmente tra i poveri pescatori della costa, che non guadagnano a sufficienza durante l’estate per comprare dagli agricoltori altri necessari alimenti, e che pertanto vivono nella miseria più nera” (...)

Timidi interventi danesi a favore dell’Islanda 

 Sia pure tardivamente, il re danese nel 1770 inizia a preoccuparsi dell’isola. 

Inviando una commissione che raccoglie informazioni su ciò che non va nel remoto possedimento e, poi, consiglia. 

Si viene così a sapere che bisogna incoraggiare le coltivazioni, creare un’attività peschereccia, migliorare le comunicazioni interne (strade, ponti) e con la Danimarca (...). 

D’altronde gli islandesi, senza legname a disposizione, possiedono solo piccole imbarcazioni a remi, a malapena adatte alla pesca costiera (...). 

A quel tempo l’isola è collegata alla Danimarca grazie ai cinque viaggi annuali del postale che, con vento a favore, dopo undici giorni di navigazione attracca nel porto di Hafnarfjördur, nei pressi di Reykjavík (...), dopo aver superato le Shetland, sostato nelle Fær Øer, raggiunto la costa meridionale dell’isola e solcate complessivamente 1200 miglia nautiche (in linea retta, per i vapori) o 1500-1600 (per i velieri). 

L’ultima nave lascia ad ottobre Copenaghen, rimanendo in Islanda fino a marzo (...). 

Da: AI CONFINI D’EUROPA. VIAGGIO-RICERCA NELL’ISLANDA DEI VULCANI, DEI GHIACCIAI, DELLE SAGHE, DEL MONDO VICHINGO

E-Book, versione cartacea a colori e in bianco e nero, I e II ediz., 297 pp., 150 note, Bibliografia, Mini-Glossario geografico, 346 immagini, di cui 304 a colori (284 sono dell'A.)

 


Versione cartacea a colori I ediz.: https://www.amazon.it/dp/1520685890

Versione in bianco e nero I ediz. https://www.amazon.it/dp/1520757409

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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.


 


214.Lo sciamanesimo siberiano, il bersek dei Vichinghi, l’isteria artica, l’olong dei Tungusi, il windingo degli indiani Algonchini: i "disturbi etnici” storici e attuali. Da: QUI BASE ARTICA DIRIGIBILE ITALIA, SVALBARD. DALLA TERRA DEGLI ORSI POLARI UNA RASSEGNA E UN INVENTARIO CULTURALE DEI POPOLI DEL GRANDE NORD

 

Sciamano Jurachi (Samoiedi occidentali) con tamburo, pelliccia e simboli cosmici. Il pettorale ha un’immagine stilizzata “dell’albero del mondo” a gradini multipli, utilizzato idealmente per effettuare la sua ascesa al cielo (Museum für Völkerkunde, Amburgo) 

 

Cosa c'è nel libro:

SOMMARIO

PREMESSA; 1 L’INAUGURAZIONE A NY-ÅLESUND, LA STORICA “BAIA DEL RE” DI NOBILE E AMUNDSEN; 2 LA COMUNICAZIONE PRESENTATA AL CONVEGNO: LE SCIENZE UMANE E GEOGRAFICHE NELL'ARTICO, PRIORITÀ E PROSPETTIVE; 3 LA RASSEGNA DEI POPOLI CIRCUMPOLARI, TRA EURASIA E AMERICA; 4 GLI STUDI ETNO-ANTROPOLOGICI E GEOGRAFICI; 5 LE PRIME GRANDI MISSIONI ETNO-ANTROPOLOGICHE E GEOGRAFICHE ARTICHE; 6 SETTORI ARTICI DI INTERESSE PER EVENTUALI PROGRAMMI E PROGETTI DI RICERCA SINGOLA E PLURIDISCIPLINARE; 7 AREE PROBLEMATICHE DI POSSIBILE FUTURA RICERCA 8 L'ANTROPOLOGIA "RECIPROCA"; 9 PREISTORIA; 10 SOCIOLOGIA; 11 TRA ETNOGRAFIA, ETNOLOGIA E ANTHROPOLOGY OF VISUAL COMMUNICATION; 12 ARCHITETTURA NORDICA TRADIZIONALE E INNOVATIVA, AUTOCTONA E NON; 13 IL TRASPORTO NELL'ARTICO (VIA TERRA E VIA MARE): PERSISTENZA DEI MODELLI TRADIZIONALI, LE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE; 14 GEOGRAFIA POLITICA15 LINGUISTICA;  16 ANTROPOLOGIA APPLICATA: LA DIVULGAZIONE SCIENTIFICA; 17. BIBLIOGRAFIA; 18 A NON CONVENTIONAL ENGLISH ABSTRACT: THE HUMAN AND GEOGRAPHICAL SCIENCES IN THE ARCTIC, PRIORITIES AND PERSPECTIVES: AN INTRODUCTORY OUTLINE 

7. Aree problematiche di possibile futura ricerca (...) 7.4. Etnopsichiatria e Antropologia Psicologica Transculturale e non. I "disturbi etnici “storici e attuali (178) 

[Il bersek dei vichinghi, l'imu degli Ainu, il windingo degli Algonchini, il myriachit siberiano. 

I vichinghi facevano assegnamento sul fatto che taluni di loro sarebbero diventati bersek nel fuoco del combattimento e avrebbero compiuto, in questo stato, qualche eccelso fatto d'armi che avrebbe contribuito alla vittoria" (...)  

 Allucinazioni, nervosismi, predisposizione alla trance: l'uomo artico, lo sciamanesimo (179)

[“Il trattamento sciamanico tende a riprodurre, insieme il processo morboso e il processo soggettivo della "guarigione" (...) 

Lo sciamano fornisce al proprio paziente tutta una serie di difese... culturalmente sanzionate ed etnopsichiatricamente adeguate e tranquillanti” (...) 

e "mal di vivere", ovverosia l'isteria artica (piblockto o perdlérorpoq tra gli eschimesi, come presso gli altri popoli artici) (180)

[Colui che ha questo "attacco" si chiama Perdléqruyâk. 

L'isteria colpisce anche i cani con esiti mortali. 

Durante l'inverno 1853-54 tra gli Eschimesi polari groenlandesi tutti i cani morirono per questi attacchi (...) 

Tanto che il Devereux dedica un lungo capitolo del suo manuale ai cosiddetti "disturbi sacri (sciamanici)", anche se non tutti gli isterici sono sciamani! (181)

["Egli è pazzo in nome e per conto degli "altri", nella misura in cui la sua follia permette loro di conservare un’apparenza di equilibrio psicologico. 

La società moderna ha anch'essa i suoi "pazzi per procura" (...). 

Ne soffrono più frequentemente le donne rispetto agli uomini. Studi rapidi, mai realizzati dal punto di vista medico tra gli Eschimesi polari (...), ma anche presso gli altri gruppi etnici circumpolari. 

Durante la crisi, generalmente in autunno, che dura dai cinque minuti a una mezz'ora o più, ci si toglie i vestiti. 

In genere non viene mai ucciso nessuno (nel 1941 nelle isole Belcher sì, ad esempio). (182)

[ L'etnologo Diamond Jenness scrisse nel 1928: "histerya is peculiarly common around the Polar Basin; the long winter darkness and the loliness and silence of the hunter's life made the Arctic people more susceptible to this disorder than the rest of the human race. 

So religion and histerya went closely hand in hand" (...)  

 Gli Inuit tendono a proteggere da lontano chi ne è colpito. 

Le crisi sono diventate rare a partire dal 1960, probabilmente a causa di una dieta meno ricca di grassi e di sangue animale (...). 

 Altre forme maniacali, come quelle di "mania imitativa", dette "ecolalia" ed "ecoprassia". 

Gli Olong tra i Tungusi.(183) 

[Olong: "subire uno spavento improvviso, tremare di paura”. Forme maniacali dovute a clima o carenze alimentari (...).             

Il "mal di vivere" tra i bianchi nell'Artico: depressione, suicidi, alcoolismo, droga? tra eurocanadesi e gli altri bianchi residenti, temporaneamente o permanentemente, nel Nord. 

Le misure preventive e le metodiche curative e psicoterapeutiche adottate dalle locali autorità amministrative e sanitarie. 

 La funzione dei colori "sgargianti” nell’Artico (le multicolorate case di appartamenti di Lia, Longyearbyen [Svalbard]).

Da: QUI BASE ARTICA DIRIGIBILE ITALIA, SVALBARD. DALLA TERRA DEGLI ORSI POLARI UNA RASSEGNA E UN INVENTARIO CULTURALE DEI POPOLI DEL GRANDE NORD

(E-Book, versione cartacea a colori e bianco e nero, I e II ediz., 243 pp., 204 note, 232 immagini, di cui 106 a colori (82 sono dell'A.) 

E-Book:
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Bianco e nero https://www.amazon.it/dp/1790246121
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TUTTI I DATI (ECONOMICI, STATISTICI, DEMOGRAFICI, ETNOGRAFICI, ECC.) CONTENUTI NEI MIEI LIBRI SONO STATI ACCURATAMENTE VERIFICATI, INTEGRATI E AGGIORNATI AL MOMENTO DELLA LORO PUBBLICAZIONE.

domenica 1 settembre 2024

213. Machu Picchu: la "Vecchia Cima" perduta tra le nuvole. La città degli Incas scoperta nel 1911 dall’archeologo americano Hiram Bingham. Da: ALLA SCOPERTA DEL MONDO, VOL. 4: AMERICA.

 

Come si presentava Machu Picchu a Bingham nel 1912, dopo i primi lavori di pulitura (da: National Geographic, aprile 1913)

Cosa c'è nel libro:
INTRODUZIONE; NORD AMERICA: 1. EIRÍK “IL ROSSO (EIRÍK THORVALDSSON “RAUÐI”), ca. 945-950- ca. 1002  (In Groenlandia; In Islanda; Si naviga verso la “Terra Verde”) 2. FRANCISCO VASQUEZ DE CORONADO, 1510-1554; 3. MERIWETHER LEWIS, 1774-1809 e WILLIAM CLARK, 1770-1838; 4. JOHN JAMES AUDUBON, 1785-1851; 5. HELGE INGSTAD, 1899-2001 (La visita di Anse-aux-Meadows (isola di Terranova), alla personale “scoperta” di Vínland; Alla ricerca della mitica Vínland; Biografia; Governatore della Terra di Eirík il Rosso (1932-33), Groenlandia orientale, quindi Governatore delle Svalbard; Tra gli Apache, 1938; i Nunamiut alaskani, 1950-51; in Groenlandia, 1953). CENTRO AMERICA: 6. JOHN LLOYD STEPHENS, 1805-1842 (L’incontro a Londra con l'artista e architetto Frederick Catherwood, 1836; Il contratto da firmare prima della partenza per il Messico, 1839; La spedizione si inoltra nella regione dei Maya, 1839); 7. ALFRED PERCIVAL MAUDSLAY, 1850-1931(Centro America, Indie occidentali, Queensland australiano, Polinesia; Tra i Maya: Honduras britannico (Belize), Guatemala, Messico, 1880-1894); 8. ALFRED MARSTON TOZZER, 1877-1954 (Nello Yucatán, tra le rovine Maya e gli indios Lacandoni, 1902-1905; In Guatemala, 1910-11); 9. MATTHEW W. STIRLING, 1896-1975 (Biografia; Florida, Sud Dakota, Nuova Guinea, 1923-1927; In Sud America, 1928-1932; Mesoamerica e America Centrale: la scoperta delle “teste” degli Olmechi, 1938-1946; Panama, Ecuador, Costarica, Jalisco (Messico), 1948-1967); SUD AMERICA: 10FRANCISCO DE ORELLANA, 1500-1545 (L’incontro-scontro con le Amazzoni, giugno 1542; Alla ricerca dell’Eldorado; La spedizione lascia Quito, 1539; Si naviga, prima lungo il Rio Napo, poi nel Rio “non ancora” delle Amazzoni…; Le Amazzoni; È raggiunta Nueva Cádiz, agosto 1542; La seconda spedizione, 1545; Le Amazzoni e gli indios Tupinambá); 11. CHARLES-MARIE DE LA CONDAMINE, 1701-1774 (Colombia, Panama, Ecuador, 1735-36; Marzo 1743: “l’arco è misurato”…); 12. FRIEDRICH HEINRICH ALEXANDER VON HUMBOLDT, 1769-1859 (Parla Humboldt Cenni biografici)  13. ALCIDE CHARLES VICTOR MARIE DESSALINES D'ORBIGNY, 1802-1857 (In Sud America, tra pericoli di ogni natura, attacchi di pirati e corsari, percorre 3.500 km, ricercando nei più vari campi e collezionando un’immensa mole di materiali, 1826-1834 Ritorno in Francia, 1834 ) 14. SIR ROBERT HERMANN SCHOMBURGK, 1804-1865 (Cartografo nelle isole Vergini, 1831-1835 Nella Guyana britannica, 1835-1839 Traccia i confini tra Guyana, Venezuela e Brasile, 1840-1844) 15. JEAN LOUIS RUDOLPHE AGASSIZ, 1807-1873 (Biografia Vienna, Parigi, Neuchâtel Tra i ghiacciai delle Alpi, 1837 Tra i ghiacciai della Scozia, 1840 Stati Uniti, dal 1846 La spedizione Thayer (Brasile), 1865-66 e la crociera dell’Hassler, 1871-1872) 16. MAX UHLE, 1856-1944 (Argentina, Bolivia, Perù, 1892-1897 Ancora in Perù, 1899-1901, 1903-1909 In Cile, 1912-1918 In Ecuador, 1919-1933 Di nuovo in Perù, 1939-1942) 17PERCY HARRISON FAWCETT, 1867-1925? (L’autentico Indiana Jones, nel corso della sua ultima esplorazione sudamericana, alla ricerca di una civiltà perduta, scompare nel nulla (1925) La biografia di un eccezionale, coraggioso, visionario include ben otto esplorazioni, tra Bolivia e Brasile Le ultime notizie dal Campo del Cavallo Morto: 29 maggio 1925 La rivalità Fawcett-Alexander Hamilton Rice Una misteriosa scomparsa 

ALLA RICERCA DI FAWCETT: IERI (1927-1957): Roger Courteville, George M. Dyott, Aloha Wanderwell, Vincent Petrullo, Peter Fleming, Robert Churchward, Stefan Rattin, Horacio Fusoni, Albert de Winton Jones, Aniceto Botelho, Virginio Pessione, J. Ikissima, Patrick e Gordon Ulyatt, Martha Moennich, Edmar Morel, Hugh McCarthy, Orlando Villas-Boas, Brian Fawcett, Nilo Vellozo, Rolf Blomberg. 

ALLA RICERCA DI FAWCETT: “OGGI” (1982-2005): E. Basso, spedizione brasiliana, Benedict Allen, David Grann. L’incontro con l’esploratore Fawcett, secondo la narrazione tramandata oralmente dai Kalapalo La straordinaria scoperta nel Mato Grosso di una rete di città precolombiane: Kuhikugu. Fawcett aveva quindi ragione? 

18. ALEXANDER HAMILTON RICE JR., 1875-1956 (Una biografia “molto” al di sopra delle righe Sette spedizioni in Amazzonia, 1901-1925 Il sanguinoso attacco dei Guaharibo (Yanoáma), 1920 Nel corso dell’ultima spedizione modernamente equipaggiata (utilizzo dell’aereo e dell’aerofotografia, disponibilità di una radio rice-trasmittente) viene girato il primo documentario sull’Amazzonia, 1924-1925 19. HIRAM BINGHAM, 1875-1956 (L’incredibile scoperta sulle Ande peruviane, 1911 Biografia Una prima spedizione sulle tracce di Bolivar (Venezuela, Colombia) è seguita da quella della strada spagnola, tra Argentina e Perù, 1906-1908 La Yale University Peruvian Expedition e la scoperta di Machu Picchu, che ritiene essere Vilcabamba, 1911 20. VICTOR OPPENHEIM, 1906-2005 (Biografia In Sud America Argentina, dal 1930 Brasile e Perù, 1935-36 Cinquanta spedizioni tra Ecuador (9 spedizioni), Colombia (23), Bolivia (8), Perù (10), 1937-1949 Stati Uniti, e non solo… APPENDICE BIBLIOGRAFIA

...


L’incredibile scoperta sulle Ande peruviane, 1911

E dire che fino ad allora non si era molto fidato di quel ragazzino Quechua, che gli avevano affibbiato come guida… 

Poi, non essendo uno specialista nel campo, pensa che nessuno crederà mai alle sue parole. 

Fortuna che con sé ha una macchina fotografica. 

Potrà così riprendere ciò che incredibilmente ha davanti agli occhi: Machu Picchula città perduta degli Inca

Una maestosa città, dalla raffinata architettura, che impressiona per come è stata pianificata. 

Adattandosi perfettamente all’ambiente che la circonda, inclusi i due splendidi picchi, coperti da nuvole. 

Oltre tutto c’è uno straordinario panorama mozzafiato, visto il dislivello di oltre 300 m!

"Posto com’era nella zona più aspra della più difficile regione delle Ande centrali, il santuario era rimasto sconosciuto per secoli.

 Nessuna zona degli altipiani del Perù è meglio difesa da baluardi naturali: un canyon stupendo, che sprofonda nel granito per centinaia e centinaia di metri, presentando difficoltà tali da scoraggiare anche il più ardito scalatore moderno. 

Eppure fu proprio qui, in un remoto angolo del canyon, su una piccola cresta fiancheggiata da tremendi precipizi, che un popolo dalla raffinata civiltà artistica, ricco di inventiva, perfettamente organizzato e capace di sostenere i più duri sforzi, eresse un magnifico santuario in onore della maggiore divinità del suo pantheon, il Sole”  .

(...)  È l’anno di grazia 1911. 

Il nostro personaggio è lo storico statunitense Hiram Bingham. 

Uno spilungone che, assistito da un bel po’ di fortuna, è riuscito ad inoltrarsi nell’inaccessibile canyon, grazie al fatto che, all’inizio del XX secolo, il governo peruviano ha fatto saltare parte di una parete rocciosa, per meglio sfruttare caffè e cacao della vallata. 

Pur se la via è sempre assai difficile, certamente è più breve…

La Yale University Peruvian Expedition e la scoperta di Machu Picchu, che ritiene essere Vilcabamba, 1911 

(...) Nel giugno del 1911 riparte così per il Sud America, a capo della Yale University Peruvian Expedition. È la prima di quattro missioni (...) 

Le impetuose correnti dei fiumi furono un altro ostacolo da superare.

  A Lima studia con attenzione le antiche cronache di Fray Antonio de la Calancha e di Fernando de Montesinos. 

Intenzionato a scoprire le due ultime capitali degli Inca, Vitcos e Vilcabamba, lascia quindi la città di Cuzco, che nel frattempo ha raggiunto (...) 

Quindi si inoltra nella valle dell’Urubamba, penetrando nella gola del fiume, dopo aver oltrepassato Ollantaytambo.

Più tardi apprende da un contadino Quechua dell’esistenza di alcune rovine sopra una sella elevata e impervia, che chiamano Machu Picchu. 

 Tra infinite difficoltà si arrampicherà fin lassù. 

Attraversando “un ponticello tremolante, fatto di tronchi d’albero legati insieme con rami di rampicanti”. 

Percorrendo carponi un ripido pendio: “quasi strisciando ci spingemmo attraverso l’erba viscida, affondando le dita nel terreno per non scivolare. 

Sotto di noi, l’Urubamba ringhiava minaccioso” (...)

Ormai le rovine devono essere vicine… 

Poi, grazie al ragazzino, ecco una serie di stupende mura di granito bianco, che spuntano a 2.450 m d’altezza, al di là della boscaglia.

 Sono i resti della Tomba Reale, del Tempio Principale, del Tempio delle Tre Finestre, come li chiamerà in seguito. 

Oggi hanno ancora gli stessi nomi…(...) 

 Da: ALLA SCOPERTA DEL MONDOARCHEOLOGI, ESPLORATORI, GRANDI VIAGGIATORI, GEOLOGI, NATURALISTI, PALETNOLOGI.  VOL. 4: AMERICA 

E-Book, versione cartacea in bianco e nero di grandi dimensioni (16,99 x 1,17 x 24,41), 253 pp, 243 note,  Bibliografia, 197 immagini (14 sono dell'A.), Appendice ("Narrazione Storica di una Grande, Nascosta Città Antichissima, Senza Abitanti. Che Venne Scoperta nel 1753", conservata con il n.512 nella Biblioteca Nazionale di Rio de Janeiro)