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lunedì 18 marzo 2024

136. VIAGGIO ATTRAVERSO L'INSIDE PASSAGE, NELLA TERRA DEGLI INDIANI DEI TOTEM E DELL’EX AMERICA RUSSA. SULLA COSTA DEL PACIFICO DELL’AMERICA DI NORD-OVEST, TRA COLOMBIA BRITANNICA E ALASKA

 


Idrovolante per trasporto passeggeri in decollo sulle acque di fronte alla cittadina di Ketchikan, Alaska sud-orientale
(© Franco Pelliccioni)

   "E' un viaggio nello spazio e un “doppio” viaggio a ritroso nel tempo.     

  Il primo ci conduce all’altro capo del mondo. In una terra difficilmente paragonabile con altre realtà geografiche. Fortemente connotata da alte montagne boscose e da una miriade di arcipelaghi e isole. Profondamente caratterizzata da un clima che molti potrebbero ritenere perfino impossibile: pioggia, vento, nebbia, freddo. Nonostante ci sia un detto locale che sostiene come, in realtà, piova solo due volte: da gennaio a giugno e da luglio a dicembre... Così la vegetazione è abbondante, straripante, invadente. Mimetizza cittadine e villaggi, quasi sempre raggiungibili solo via mare e con gli idrovolanti. Nelle cui acque non è raro imbattersi nelle spettacolari evoluzioni acrobatiche delle balene, ma anche nelle orche, che tanta importanza rivestono nella letteratura orale e nel patrimonio leggendario dei popoli, che occupano questa terra. Per non parlare dell’abbondante presenza dei salmoni, piatto base dell’alimentazione di nativi ed europei. Acque poste tra isole e terraferma montuosa, che formano lo storico Inside Passage, grazie al quale sono assicurati i collegamenti con gli insediamenti della Colombia Britannica e dell’Alaska.

   Per quanto riguarda il duplice itinerario nel passato, il più recente risale a ca. quaranta anni fa. Quando en route verso l’Artico canadese, dove avrei effettuato la mia ricerca tra gli Inuit, nei luoghi da me visitati ho potuto scoprire, osservare e ammirare una straordinaria polifonia di “cose notevoli”.

   C'è anche un ulteriore viaggio, che ci porta molto più indietro nel tempo. In un caso fino a migliaia di anni fa, anche se l’inizio del nostro excursus storico risale alla fine del XVIII secolo. Quando gli occidentali cominciarono a disvelare la singolarità della costa nord-americana del Pacifico settentrionale. Terra abitata da Indiani, la cui cultura (società, economia, religione, arte) risulta impregnata da caratteristiche strettamente collegate ad un ambiente insolito, per certi versi addirittura unico, che consente di vivere bene, grazie a ciò che la natura offre in abbondanza. Come i salmoni, che vengono pescati o catturati nei fiumi. Inoltre gli alti alberi di cedro forniscono il legname per costruire le case e realizzare straordinarie canoe, in grado di affrontare lunghe navigazioni oceaniche.

Il villaggio indiano Hàida di Skidegate, 1878. Queen Charlotte Islands (Hàida Gwaii), Colombia Britannica, Canada
(Library and Archives Canada)


   Un posto a parte lo hanno decisamente i “pali”, compresi quelli interni di sostegno delle abitazioni. Gli alti tronchi hanno infatti ispirato gli “artisti del popolo”, presenti nelle diverse tribù indiane. Poiché con innegabile abilità artistica hanno scolpito e dipinto le loro superfici, creando vere e proprie opere d’arte. Non solo stupende esteticamente, perché sono in grado di raccontare mille storie. Infatti da tempo immemorabile i totem, con le loro variegate figure multicolorate (umane, di animali, mostri, divinità, eroi culturali), riportano miti e leggende, avvenimenti, imprese, fatti famigliari, clanici, tribali. Raccontano di grandi feste comunitarie ben riuscite, commemorano un defunto importante, mettono in ridicolo chi non rispetta i patti. Ricordano ed esaltano individui e gruppi. Insomma costituiscono anche i Gotha di società stratificate, un tempo composte da schiavi, comuni e nobili.

Koskimo Kwakiutl (Quatsino Sound, isola di Vancouver). Ornamento di una “grande casa”, che ostenta il potere e l’alto status del suo proprietario: figura di un antenato seduto su una piattaforma supportata da schiavi, con un’orca sul petto e rami in braccio. Scolpita da George Nelson, ca. 1906, nel 1956 è stata raccolta nel corso della spedizione dell’Università e del Museo Provinciale di Vancouver. UBC Museum of Anthropology, Vancouver, Colombia Britannica, Canada (© Franco Pelliccioni)

Cimitero della riserva indiana Kwakiutl, Alert Bay (Cormorant Island, Colombia Britannica, Canada). Totem funerario rappresentato da una figura umana con cappello. Fu scolpito per Kamdatsa (Mrs. Tom Patch) di Village Island, che visse fino ad oltre 100 anni. Donna di alto rango, commissionò questo palo prima della sua morte ma, insoddisfatta delle dimensioni del cappello, si rifiutò di pagare lo scultore. Così il totem rimase per anni sulla spiaggia, prima che fosse rimosso da alcuni indiani, che poi lo collocarono sulla sua tomba. In seguito Arthur Dick Sr. e Henry Speck hanno posto una gomma intorno al cappello intagliato, per aumentarne le dimensioni, come desiderava la donna (© Franco Pelliccioni)

   Grazie ad essi, etnologi e storici, come i medesimi membri della tribù, possono apprendere il loro passato, o rivitalizzarlo. Certo, la materia utilizzata, il legno, è facilmente deteriorabile, in qualsiasi clima. Figuriamoci qui… Così, dopo qualche decennio, artisti di un’altra generazione si mettono nuovamente all’opera, per non dover perdere la memoria storica del gruppo. Scolpendo un altro totem. Simile a quello che si sta degradando. E così, ancora dopo. Quando altri scultori dovranno nuovamente replicarlo. Cercando di preservare per la comunità e le future generazioni ciò che ci racconta, “leggendolo” dall’alto in basso.

   Se, poi, con la nostra virtuale “macchina del tempo” raggiungiamo la metà del XVIII secolo, assieme ai popoli indiani assisteremo all’arrivo, non dal Sud, ma dall’Asia, di altri uomini, a bordo delle loro navi. Giungono dalla Siberia, esattamente come diversi millenni prima avevano fatto i loro antenati. Del resto sono trascorsi già migliaia di anni anche dalla migrazione, che portò in America, dopo aver attraversato lo Stretto di Bering, gli ultimi migranti, i progenitori degli odierni Inuit: i Denbigh, i Dorset, i Thule. Quasi subito gli indiani, che li avevano preceduti, li bloccheranno ai margini delle foreste, costringendoli a nomadizzare nella desertica tundra gelata dell’Artico. Mentre i russi, i nuovi venuti del 1741, almeno inizialmente non cercarono terre da colonizzare. Volevano solo sfruttare ciò che abbondantemente offriva il paese: gli animali da pelliccia. Più tardi si daranno da fare per creare una vera e propria colonia, con capitale e fortificazioni sparse nell’immenso territorio dell’America Russa, l’attuale Alaska.

   Ecco infine i “numeri” che, più di tante parole, offrono una sintesi del libro: 2 regioni (Colombia Britannica e Alaska)8 città (Vancouver, Campbell River, Port McNeill, Prince Rupert, Ketchikan, Wrangell, Sitka, Skagway)6 isole (Vancouver, Quadra, Revillagigedo, Cormorant, Wrangell, Baranov)4 tribù (Kwakiutl - oggi Kwakwaka’wakw -, Tsimshian, Hàida, Tlingit, con alcune delle loro bande, o First Nations, come le nordiche Chilkat e Chilkoot)6 comunità indiane (Cape Mudge, Alert Bay, Fort Rupert, Saxman, Wrangell, Sitka)3 “Case” (la “grande” dei Kwakiutl ad Alert Bay, le “lunghe” di Chief Shakes Island, a Wrangell e di Totem Bight Park, a Ketchikan); 2 “Società Segrete” Kwakiutl (dei Cannibali e del Lupo)3 Musei (Antropologia dell’Università di Vancouver, Prince Rupert, Sitka); 5 cimiteri (3 indiani: Cape Mudge, Alert Bay, Wrangell; 2 europei: russo, a Sitka; dei cercatori d’oro, a Skagway); 2 vecchi quartieri a luci rosse (Ketchikan, Skagway); perfino 1 duello mortale, stile “Mezzogiorno di fuoco” (Skagway)

  E per quanto riguarda i Totem? Impossibile “numerarli”. Li troviamo dappertutto, specialmente nei cimiteri indiani. Salvo che a Skagway, qui sostituiti dall’avventurosa epopea degli stampeders, i cercatori d’oro, che alla fine del XIX secolo dovranno cercare di superare i vicini e innevati Passi montani, per arrivare nel Klondike, dopo un lungo ed estenuante viaggio.

..................

  (...) "Finalmente sono a Skagway, cittadina alaskana che costituisce la prima importante tappa del lungo e complesso itinerario, che mi porterà verso lo Yukon e oltre. Fino alle lontanissime sponde dell'Oceano Glaciale Artico (Mare di Beaufort), per dare inizio alla mia ricerca in un campione di comunità eschimesi (Inuit) canadesi. A non molta distanza dal Polo Magnetico e da alcuni tratti del mitico Passaggio a Nord-Ovest

   A Roma avevo deciso che da Vancouver, dove mi sarei trovato per un Convegno Internazionale, invece di arrivare in aereo direttamente ad Inuvik (il mio primo insediamento Inuit), sarebbe stato preferibile attraversare gli arcipelaghi della Colombia Britannica canadese prima, quelli dell'Alaska sud-orientale, poi. Navigando nell’Inside Passage, il "Passaggio Interno” prospiciente la stretta fascia costiera tra Canada e Oceano Pacifico, costellato da una miriade di isole ed arcipelaghi, dove si trova anche Juneau, la capitale del 49° Stato USA. Una storica via d'acqua certamente più agevole, rispetto all'Oceano aperto, che "pacifico" non è mai stato…

   L’Inside Passage inizia a Seattle, nello Stato americano di Washington. Da lì si inoltra nella Colombia Britannica canadese, per poi proseguire nel cosiddetto Panhandle americano. Raggiungendo Skagway, dopo 1.838 Km di canali e stretti, posti tra continente e mondo insulare.

    Quella che andrà a costituire la “terza gamba” del mio itinerario marittimo, fino all'arrivo degli americani nel 1867 era l'America russa. Verrà poi chiamata Alaska (alakshak), in Aleuto "la grande terra". La regione ad est delle isole Aleutine, dove vivono questi cacciatori artici, che si differenziano culturalmente dagli Inuit. Ma l’Alaska che a me interessava non era quella "continentale", dove si trovano le grandi città "bianche” di Anchorage o Fairbanks, o le comunità eschimesi costiere, fortemente americanizzate, di Prudhoe Bay, Point Barrow, Nome, Kotzebue, bensì quella sud-orientale. Così avevo selezionato alcune località, che ritenevo più interessanti, dal punto di vista paesaggistico-naturalistico-storico ed etno-antropologico. 

Mappa dell’Inside Passage (CC Some rights reserved, Mario 1952)
L’itinerario dell’A. CANADA: in aereo Vancouver-Campbell River, a metà dell’isola di Vancouver; traghetti per Cape Mudge (isola Quadra) e Alert Bay (Cormorant Island), indiani KWAKIUTL (oggi Kwakwaka’wakw); in aereo Port Hardy-Vancouver; aereo Vancouver-Prince Rupert (Colombia Britannica settentrionale) indiani TSMISHIAN e HÀIDA. ALASKA: traghetto Prince Rupert-Wrangell, via Ketchikan; traghetto per tornare a Ketchikan; in aereo Ketchikan-Sitka; traghetto Sitka-Skagway (Lynn Canal), indiani TLINGIT

   Luoghi che, tranne in un caso, raggiungerò a bordo dei grandi traghetti statunitensi dell’Alaska Marine Highway System, che collegano Seattle a Skagway. Da qui avrei potuto ripercorrere una delle principali vie utilizzate dai cercatori nella grandiosa corsa all'oro del Klondike del 1897-99. Salendo a bordo della storica ferrovia del White Pass and Yukon Route, con la quale avrei raggiunto Whitehorse, capoluogo dello Yukon. Ripetendo quasi per intero un itinerario che, alla fine del XIX secolo, prima ancora della sua costruzione, migliaia di uomini avevano faticosamente percorso in direzione delle zone aurifere".

  ......

Dal diario di viaggio: Wrangell (Alaska)

   (...) “Alle 23 la nave attracca nel porto di Wrangell, sull’isola omonima, dopo aver percorso altre 188 km. Questa volta sbarco per rimanere. Nella buia nottata vedo un gruppo di passeggeri seguire speditamente una guida munita di torcia elettrica, diretta prima verso un museo non troppo lontano, poi verso i totem della cittadina, sfruttando l’ora di sosta della nave. Per un po’ mi accodo al gruppo, poi li lascio, per dirigermi verso il mio albergo. Le vie sono deserte e poco illuminate. Sbaglio strada. Alcuni cani abbaiano (...)

(...) Il giorno dopo scopro che l’acqua nel bagno e nella vasca è marrone. Sembra di stare ad Isiolo (Kenya settentrionale) o a Malakal (Sud Sudan). Apro la doppia finestra, che mi ha un po’ salvato dai rumori e dal chiasso della notte. Gli unici suoni che sento adesso sono quelli degli idrovolanti e dei corvi. Fuori dell’albergo, nella strada fangosa, ce ne sono molti. Osservo che l’hotel è una sorta di gigantesco chalet alpino. Faccio colazione in un dining proprio attaccato al molo (...) La tizia telefona alla radio (ha saputo dell’intervista). Vado al Chamber Information Centre, sotto la pioggia appena iniziata. Non c’è nessuno… Fa freddo. Tutto sembra desolante. Alcuni gabbiani in volo. Il cielo mi ricorda le Shetland. Vado al museo. E’ stato allestito nella prima moderna scuola della cittadina (1906). È chiuso. Aprirà alle 13. Per vedere la casa di Chief Shakes devo essere autorizzato. Nella vicina biblioteca faccio vedere le carte ad una volenterosa bibliotecaria, che inizia a fare tutta una serie di rapide telefonate. La direttrice del museo dovrebbe essere fuori casa, mentre la Emily Jennings è fuori Wrangell. Il Presidente non c’è. Telefona alla radio. Chiama altrove. Esco sotto la pioggia. Fotografo sia la chiesa presbiteriana, che la cattolica di St. Rose of Lima, la più vecchia dell’Alaska (1879). Ha una croce rossa al neon, che serve come aiuto alla navigazione.

   In giro non c’è nessuno. Alcuni indiani sfrecciano con le macchine. Un camioncino si avvicina. Sarò accompagnato da una persona che, scoprirò dopo, è un gioielliere che appartiene alla Camera di Commercio. Ha sposato una italo-americana e viene dall’Idaho. Da 8 anni vive a Wrangell. Mi porta sulla punta nordoccidentale dell’isola a vedere i petroglifi su una spiaggia, grazie alla bassa marea. Sulla destra c’è la foce dello Stikine River. Qui una volta c’era una fabbrica conserviera di pesce dei cinesi. A sinistra mi mostra l’isola dell’elefante, sulla destra ecco un’altra Deadman's Island, dove una volta seppellivano gli asiatici. Poi li hanno portati altrove. Mi parla dell’importanza degli alberi, per la carta e il legname. “Un tronco abbandonato ha un marchio come i cavalli, è quello del proprietario, sarebbe impossibile andare a venderlo”. Mi mostra anche il muskog, che domina nelle isole. E’ estremamente impermeabile e rende acquitrinose grandi sezioni del territorio. Costringendo ad edificare le case su profonde palafitte. La ricchezza qua è composta da pesce e legname. Gli alberi si tagliano a sezioni dall’alto, con delle corde d’acciaio che, pezzo dopo pezzo, trascinano tutto a valle. E’ l’harvesting, la raccolta”. Termine decisamente interessante per indicare gli alberi “maturi”. Il taglio potrebbe essere fatto anche con un elicottero, ma costerebbe molto.

   Le strade sono delle autentiche piste.

La casa di Chief Shakes VI, ca. 1900, Wrangell, Alaska. Lastra a secco di gelatina per lanterna (McCord Museum, Montreal)

  (...) Poi mi accompagna all‘isola, subito a sud della segheria, dove si trova la casa del Chief Shakes, che raggiungo grazie ad un ponticello. C’è ancora la bassa marea. Scopro che si trova all’interno di una piccola baia, dove sono ormeggiate le imbarcazioni. 

La salma di Shakes V esposta prima della cremazione, 1878.
 Wrangell, Alaska (da C.E.S. Wood, “Among the thlinkits in Alaska”, The Century Magazine, luglio 1882, n.3, in Oppel,115-131)

   da: VIAGGIO ATTRAVERSO L'INSIDE PASSAGE, NELLA TERRA DEGLI INDIANI DEI TOTEM E DELL’EX AMERICA RUSSA. SULLA COSTA DEL PACIFICO DELL’AMERICA DI NORD-OVEST, TRA COLOMBIA BRITANNICA E ALASKA

E-Book e versione cartacea di grandi dimensioni a colori e in bianco e nero (16.99 cm x 1.17 x 24.41), 192 pp., 287 note, 191 immagini (118 sono mie) 



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SOMMARIO

PRESENTAZIONE: IL LIBRO 

PREMESSA: IL VIAGGIO 

CAP. 1 INTRODUZIONE GEOGRAFICA

CAP. 2 INTRODUZIONE ETNO-ANTROPOLOGICA: GLI INDIANI DEL NORD-OVEST 

I Potlatch 

I Totem 

Le abitazioni: la “grande casa” dei Kwakiutl, la “lunga casa” delle altre tribù

Kwakiutl (oggi Kwakwaka’wakw) 

La “Società dei Cannibali”: gli Hāma'tsa 

Tsimshian 

Hàida 

Tlingit.

PARTE I: CANADA 

CAP. 3 NELLA BRITISH COLUMBIA, AL LARGO DELL’ISOLA DI VANCOUVER, UN’IMMEDIATA E STRAORDINARIA FULL IMMERSION NELLA TERRA DEI KWAKIUTL, TRA LE ISOLE QUADRA (CAPE MUDGE) E CORMORANO (ALERT BAY) 

Dal diario di viaggio 

Alert Bay .

Gilbert Popovich, sindaco italiano di Alert Bay 

CAP. 4 RITORNO A VANCOUVER. VISITA AI TOTEM DELLO STANLEY PARK E DEL MUSEO DI ANTROPOLOGIA 

CAP. 5 PRINCE RUPERT, COLOMBIA BRITANNICA SETTENTRIONALE, TERRA TSIMSHIAN 

Dal diario di viaggio 

Prince Rupert

PARTE II: ALASKA, L’EX AMERICA RUSSA 

CAP. 6  I PROMSYSHLENNIKI, CACCIATORI RUSSI DI PELLICCE, FONDANO L'AMERICA RUSSA (1741-1798) 

La Compagnia privata Golikov-Shelikhov (1783-1799), la Rossiyskaya-Amerikanskaya Kompaniya, la Compagnia Americana Russa (1799-1867) 

Nascita ed evoluzione di una capitale coloniale: S. Michele-Novo Arkangelsk (futura Sitka), 1799-1808 

La “San Pietroburgo del Pacifico”, 1841-1867

1867: fine di un lungo sogno. Sitka prende il posto di Novo Arkangelsk, gli statunitensi dei siberiani 

CAP. 7 IL VIAGGIO NELL’INSIDE PASSAGE, ALASKA: KETCHIKAN, WRANGELL

Dal diario di viaggio: sosta preliminare a Ketchikan

Dal diario di viaggio: Wrangell 

Wrangell, cittadina sotto tre bandiere: russa (1833-1840), britannica (1840-1867), statunitense (dal 1867) 

CAP. 8 RITORNO A KETCHIKAN 

Dal diario di viaggio 

Cap. 9 SITKA

Dal diario di viaggio 

Sitka

CAP. 10 INTERLUDIO 

CAP. 11 SKAGWAY 

Skagway, base di partenza per la grande corsa all’oro del Klondike 

Il visionario 

L’eroe 

Il bandito

Il duello 

Dopo la scoperta dell’oro a Nome, nell’Alaska continentale, e la costruzione della ferrovia, Skagway perde tutto il suo appeal 

Dal diario di viaggio

Skagway 

APPENDICE 

Nell’Inside Passage, al tempo della spedizione del Duca degli Abruzzi al monte Sant’Elia del 1897, trentesimo anniversario dell’acquisto dell’America Russa

Balenieri, emigranti europei, Indiani del Nord-Ovest

Alla ricerca dell’oro 

Il racconto della spedizione: 

I Tlingit 

Wrangell 

Sitka 

BIBLIOGRAFIA

CARTE 

Alaska 

Canada

................................................

 PAGINA AUTORE ITALIA;

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domenica 17 marzo 2024

135. MAASAI. GENTI E CULTURE DEL KENYA: E-BOOK, VERSIONE CARTACEA ILLUSTRATA DI GRANDI DIMENSIONI A COLORI E IN BIANCO E NERO, VERSIONE NON ILLUSTRATA

 

In copertina: bel primo piano di un danzatore-suonatore di tamburo Chuka, Mountain Kenya Safari Club, Nanyuki, 1980
(© Franco Pelliccioni) 

PRESENTAZIONE: IL PAESE, LE GENTI, IL LIBRO

IL LIBRO

   Il libro, come indicato dal sottotitolo, offre una panoramica generale sui popoli del Kenya. Il titolo "Maasai" è stato invece scelto per celebrare un popolo le cui imprese guerresche hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell'Africa e nell'immaginario collettivo europeo.

   Il libro presenta una rassegna etno-antropologica delle principali tribù kenyote, suddivise in base a diversi criteri, quali economia, lingua, rapporto con il territorio e con gli altri popoli, elementi culturali. Alcune di queste tribù sono trattate in modo più approfondito, sia per la loro cultura in generale, sia per alcuni aspetti specifici, che la rendono particolarmente interessante.

   Sfogliando le pagine del volume, dapprima testo e fotografie condurranno il lettore tra le fertili White Highlands, contrassegnate dalla presenza di estese piantagioni di caffè e tè. Poi, discendendo sul fondo della grandiosa Rift Valley, potrà vedere coltivazioni, savana, foreste e laghi, a volte anche di soda. Come il Magadi, al confine meridionale con la Tanzania, che si può addirittura attraversare in macchina!

   Dirigendosi verso il nord del paese, incontrerà invece steppa, deserti e lugga [Letti asciutti di corsi d’acqua].  Perché quelle sono le terre dei nomadi Nilo Camiti e Cusciti. Allevatori in particolare di dromedari. Il cui stile di vita è spesso scandito da razzie e contro razzie di bestiame, più o meno sanguinose.

   Dal punto di vista storico, un rapido excursus lo farà tornare molto indietro nel tempo. Sarà così che si imbatterà nelle straordinarie scoperte della famiglia Leakey, che hanno saputo disegnare nuove date per l’evoluzione dell’Uomo. Poi un grosso balzo in avanti nella storia gli farà incontrare i primi invasori. Vengono dall’Europa (portoghesi)[Preceduti da indonesiani, arabi e persiani], ma anche dall’Arabia (Omaniti). Questi ultimi, dopo essere stati costretti ad abolire la schiavitù, da Zanzibar saranno in grado di esercitare ancora la loro sovranità sul paese, sia pure nominale, fino all’indipendenza del Kenya.

   Nel frattempo, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, la ferrovia Mombasa-Kampala aprirà la strada alla colonizzazione britannica. Così un paio di testimoni saranno in grado di fornirgli qualche elemento in più su un’epoca nella quale molti africani non avevano mai visto un uomo bianco. Erano gli stessi tempi in cui si imponeva la Pax Britannica tra le varie tribù, organizzando spedizioni punitive. Come contro i Turkana del nord. Qualche decennio dopo, la fase terroristica dei Mau Mau sarà seguita dall’indipendenza (1963). 

. Carta politica, 1988
(University of Texas at Austin, Perry-Castañeda Map Collection) 

I capitoli antropologici

   La rassegna è aperta dalla “cultura mista costiera” dei Swahili. Appartengono ai Bantu, a parte alcune realtà minori (Arabi, Shirazi). La loro è una cultura sincretistica, che ha saputo realizzare un’interessante civiltà urbana, densa di sviluppi nel campo dell’architettura, dell’arte, della letteratura scritta in caratteri arabi.

   Subito dopo con gli agricoltori sedentari Bantu, come i Kikuyu, il lettore saprà come il pagamento della “ricchezza della sposa” non equivalga alla compera di una moglie. Qui si inoltrerà nel “Mondo perduto” dei pescatori Bagiuni, vessati da una lunga pulizia etnica da parte somala.

   Il testo del successivo capitolo è tra i più corposi. Riguarda i Nilo Camiti e, naturalmente, i famosi nomadi pastori Maasai. Ampiamente conosciuti attraverso la letteratura e la filmografia, costituirono una formidabile barriera fisica alla penetrazione, prima afro-araba, poi europea, dell’interno africano. Del resto le loro razzie li spingeranno, non solo a Mombasa sulla costa, ma anche a molta distanza dalla loro terra. Fino al lago Nyassa, a ben 800 km di distanza.

   Solo Joseph Thompson, un coraggioso giovanotto inglese, riuscirà ad attraversare per primo la loro pericolosa terra. Giungendo indenne fin sulla sponda del lago Victoria. Il capitolo include anche elementi e fatti poco noti e indubbiamente interessanti. Tra i quali il “complesso del bestiame”, del resto condiviso da altri gruppi di allevatori, e il “governo diffuso”. Senza trascurare le profezie, per lo più avveratesi, del grande laibon (mago professionista) Mbatian, il cui nome figura oggi sulla più alta vetta del monte Kenya.

   Le tribù di lingua cuscitica Somali, Borana, Rendille sono anch’esse composte da allevatori, soprattutto di dromedari. Un accenno (più che sufficiente!) al complicatissimo sistema sociale dei gada (classi d’età) per i Borana, è seguito dalla importantissima cerimonia collettiva del galgulumi per i Rendille, che ogni quattordici anni si tiene in un gigantesco insediamento, che vede riuniti tutti i clan, sulla sponda orientale del lago Turkana, alle pendici del monte Kulal.

   Cerimonia che purtroppo mi “perderò” nel 1980, poiché avverrà un mese dopo la mia partenza dal Kenya. Al termine di quella che è stata la mia seconda ricerca antropologica sul campo. Infatti nel 1980 mi trovavo proprio in quel desertico e settentrionale lago, a non molta distanza dal luogo prescelto per l’occasione. Tanto da poter osservare un notevole incremento della presenza Rendille. La mia prima ricerca risale invece al 1976, ed è stata effettuata nella cittadina multietnica e multiculturale di Isiolo, a nord del Monte Kenya [Situata a 1.106 m di quota, contava 8 201 abitanti all’ultimo censimento del 1969. Erano invece 45 989 nel 2009]Così ho ritenuto utile qui inserire estratti di entrambi i miei diari, Integrando, arricchendo e vivacizzando il testo, con narrazioni “dal vivo” di fatti, luoghi, situazioni, imprevisti, stati d’animo, emozioni, incontri con “l’altro da noi”.... 

Così questo è anche un libro sul Kenya, come l’ho conosciuto e apprezzato durante i miei due lunghi soggiorni: dai confini con la Tanzania, a sud (lago Magadi e Rift Valley), a quello con l’Etiopia, a nord-ovest (lago Turkana) e a nord (Marsabit), alle sponde dell’Oceano Indiano, ad est (Mombasa, Malindi, Gedi)

   La rassegna si conclude con i popoli considerati “marginali”. Pressoché sconosciuti al grosso pubblico, comprendono i cacciatori raccoglitori Bon delle intricate foreste costiere, ai confini con la Somalia; i Dorobo delle foreste dell’interno; i pescatori Elmolo del lago Turkana.

   Ho anche inserito brani dai libri, sia di Thompson, che di Teleki. Che con von Hohnel scoprì il lago oggi chiamato Turkana. Dandogli il nome di Rodolfo, in onore del Principe ereditario della Corona d'Austria[Meno di un anno dopo si sarebbe suicidato a Mayerling, assieme alla sua amante]Inoltre ho aggiunto un paio di paragrafi relativi alla “scoperta”, nel XIX secolo (e nel 1952), degli sfuggenti cacciatori Bon.

   In appendice una galleria “etnografico-artistica” espone le miniature di dipinti raffiguranti i membri di numerose tribù kenyote riportate su 22 carte da gioco. Indubbiamente si inspirano ai ritratti realizzati da Joy Adamson [L’autrice di Nata Libera]. per il governo del Kenya, a partire dal 1949. Per l’attenta cura di dettagli, particolari e paraphernalia tradizionali, sono in grado di contribuire alla maggiore comprensione della variegata umanità kenyota.   

   Il libro, 155 pp, 248 note, è corredato da 154 foto (69 sono mie). Tutte le altre sono d’epoca, alcune anche abbastanza rare. Come quella relativa ad un altro famoso laibon: Lenana, figlio di Mbatia(ca. 1890) [Avrà l’onore di figurare sulla terza vetta più alta del monte Kenya]. 

DA: MAASAI. GENTI E CULTURE DEL KENYA

Le copertine delle quattro versioni del libro
E-Book:  https://www.amazon.it/dp/B0CP2Z7QT3

Versione cartacea a colori "premium":  
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versione cartacea non illustrata: https://www.amazon.it/dp/B0CQ7FTRZX


Quella non illustrata (contiene le seguenti carte: politica; fisica; demografica; etnografica; Periplo del Mare EritreoOperazione di “pattugliamento” militare tra i TurkanaPercorso della spedizione Teleki-von Hohnel ai laghi Rodolfo e Stefanie;  Distribuzione delle tribù Somale; Villaggi dei Bon nel distretto di Lamu; Mappa dell'area meridionale Galla e Waboni insieme ai paesi somali adiacenti: dopo i suoi viaggi del 1866 e 1867 di von R. Brenner"), di dimensioni ridotte (15,2 x 22,9) e più economica  potrebbe essere anche impiegata nei corsi di Antropologia Culturale, Etnologia, Storia dell'Africa, Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici, Geografia

SOMMARIO
PRESENTAZIONE 
IL PAESE 
LE GENTI 
IL LIBRO 
I capitoli antropologici 
Dal diario di ricerca, agosto 1980 
Escursione verso il sud della Rift Valley e il confine con la Tanzania: Masaailand, Lago Magadi, il sito paletnologico e paleontologico dell’Olorgesailie 
1. INTRODUZIONE STORICA 
UN SALTO NELLA PREISTORIA: SCOPERTE PALEONTOLOGICHE E PALETNOLOGICHE IN AFRICA ORIENTALE 
STORIA ANTICA
L’AZANIA, LA “TERRA DEGLI ZENG, O ZENJ” 
I PRIMI EUROPEI ARRIVANO DAL PORTOGALLO 
IL DOMINIO DEI SULTANI OMANITI
L’AVVENTO COLONIALE INGLESE: IMPERIAL BRITISH EAST AFRICA COMPANY (1887), PROTETTORATO DELL’AFRICA ORIENTALE BRITANNICA (1895), PROTETTORATO E COLONIA DEL KENYA (1920), RIVOLTA MAU MAU (1952-56). INDIPENDENZA (1963) .
Qualche approfondimento storico 
La creazione del Northern Frontier District (1909) 
Due testimoni dei prodromi della colonizzazione britannica .
Browne (1909-1916) 
Storia della fondazione di Fort Hall tra i Kikuyu e i Maasai (1900). Nel 1907 giunge Winston Churchill 
Yardley (1918), Kenya settentrionale: lago Rodolfo (oggi Turkana), Abissini [Merille?], Turkana, razzie, schiavitù, Somali .
2. INTRODUZIONE GEOGRAFICA, DEMOGRAFICA, ETNO-ANTROPOLOGICA 
Dal diario di ricerca del 1976 
Un'inopportuna escursione etnografica in un accampamento di razziatori Samburu (Nilo-Camiti), a nord della cittadina di Isiolo, Kenya settentrionale 
LA PREZIOSA GALLERIA DI DIPINTI ETNOGRAFICI DEL KENYA: 22 POPOLI IMMORTALATI SULLA TELA DALLA TALENTUOSA ARTISTA JOY ADAMSON 
3. LA “CULTURA MISTA COSTIERA”: I SWAHILI 
INTRODUZIONE: LE “CONTAMINAZIONI” ETNICO-LINGUISTICO-CULTURALI AFRO-ASIATICHE 
Una straordinaria fonte storica. Il Periplo del Mare Eritreo, Portolano Greco-Egiziano del I sec. D.C. 
L’Azania 
Contatti con l’Estremo Oriente: le esplorazioni medievali cinesi 
I Cinesi in Africa Orientale: le fonti scritte 
I Ming e le sette esplorazioni marittime di Cheng Ho (o Zheng He), l'«Eunuco dei Tre Gioielli». Fonti scritte e iscrizioni su pietra 
Tramonto di una straordinaria, avventurosa e misconosciuta epopea asiatica nell’Oceano Indiano 
Il contributo acculturativo portoghese 
Alla fine del xix secolo nel folto della foresta equatoriale costiera è scoperta la Macchu Picchu africana, la città medievale di Gedi
3.1 LA CULTURA SINCRETISTICA SWAHILI 
La lingua Swahili, il Kiswahili 
Utendi Wa Inkishafi, celebre poema che rimpiange i fasti del passato 
4. I BANTU, GLI “UOMINI”: GLI AGRICOLTORI SEDENTARI 
Migrazioni, Economia 
Una caratteristica culturale condivisa da numerosi popoli africani: 
la “ricchezza della sposa” 
4.1 I KIKUYU E LA RIBELLIONE ANTIBRITANNICA MAU MAU, PER RIAVERE LA TERRA DEGLI AVI 
Il mito delle origini e il perché dei nomi femminili del sistema clanico patrilineare Kikuyu 
4.2 I BAGIUNI 
Il “mondo perduto” dei Bagiuni, tra le omonime isole somale, l’arcipelago di Lamu, la costa del Kenya: una “pulizia etnica” lunga oltre trenta anni
5. I NILO-CAMITI: I NOMADI PASTORI 
Una caratteristica culturale: il “Complesso del Bestiame” tra i popoli allevatori dell’Africa Orientale 
5.1 I MAASAI 
Nell’immaginario collettivo europeo, arabo e africano 
Nelle terre dei Maasai: Joseph Thompson (1883); la spedizione Teleki-von Hohnel (1888); Charles William Hobley (1929) 
Una storia realmente bellicosa 
Sanguinosi conflitti intertribali (e intratribali: il “suicidio” collettivo Maasai) e la “Pax Britannica” 
Il “governo diffuso”, sistema politico della società acefala Maasai
Le profezie avverate del grande laibon Mbatian 
6. I NILOTICI 
6.1 I LUO 
Migrazioni dei Lwoo 
7. LE POPOLAZIONI DI LINGUA CUSCITICA 
7.1 SOMALI 
7.2 BORANA 
Il sistema sociale dei gada o classi d’età 
Dal diario di ricerca, 1976 
Un inaspettato incontro notturno sulla pista per Garba Tula (e la Somalia) 
7.3 RENDILLE 
Il ciclo della vita tra i Rendille 
Dal diario di ricerca, fine agosto 1980 
Loyangalani, Lago Turkana, Kenya settentrionale: la ricerca ha termine. Non sarà possibile assistere a settembre al Galgulumi Rendille
Un coup de théâtre. Sulla scena “irrompe” un lago il cui nome sembra uscire da un libro di favole, anziché da un testo geo-storico dell’Africa orientale: Lake Paradise 
Il mistero di un “bel nome”
8. LE CULTURE “MARGINALI”: I CACCIATORI RACCOGLITORI DOROBO E BON; I PESCATORI ELMOLO 
8.1 DOROBO, CACCIATORI-RACCOGLITORI DELLE FORESTE 
Il primo europeo ad incontrare i Dorobo, nel corso del suo coraggioso attraversamento della terra Maasai, è l’esploratore britannico Thompson (1883) 
8.2 GLI ELMOLO PESCATORI DEL LAGO TURKANA 
Gli Elmolo, dalla scoperta europea (1888) al 2020 
Alcune caratteristiche culturali 
Dal diario di ricerca, Lago Turkana, Kenya settentrionale, agosto 1980 
L’arrivo al lago, a ca. un secolo dalla sua scoperta e a ca. venti dai miei primi studi antropologici sui Turkana 
Loyangalani, un’oasi nella lava 
Il lodge gestito da un’intrepida donna vicentina
Contatti con la Missione
Con una barca, nonostante l’altezza delle onde del lago per il forte vento, raggiungo il vecchio villaggio degli Elmolo 
Nel villaggio 
Nel 2019 le piogge causate dal cambiamento climatico e la conseguente crescita del livello delle acque del lago hanno costretto gli Elmolo ad abbandonare il villaggio, per portarsi su terreni più’ elevati 
8.3 I BON (BONI, AWEER, WABONI), CACCIATORI-RACCOGLITORI DELLA FORESTA COSTIERA 
I Bon oggi 
Storia dell’avventurosa scoperta dei Bon nelle foreste costiere tra Somalia e Kenya .
Nel 1952 l’incontro dell’etnologo italiano Vinigi Grottanelli con i Bon 
9. APPENDICE 
DAL DIARIO DI RICERCA: UN’AVVENTUROSA “PRIMA” KENYOTA NEL CORSO DELLA MIA INIZIAZIONE ANTROPOLOGICA SUL CAMPO, GIUGNO 1976 
Laisamis, lungo la pista per ritornare ad Isiolo 
Un doveroso aggiornamento 
UNA GALLERIA ETNOGRAFICO-ARTISTICA “PARTICOLARE”
10.BIBLIOGRAFIA 
CARTE 
NOTE
 



venerdì 15 marzo 2024

134. ARCHIPELAGOS AND ISLANDS AT THE MIRROR. SEA-ONES (FAROE and MYKINES, DENMARK), LAND-ONES (CARNIA and SAURIS, ITALY)

 


Barthélemy Lauvergne: Tórshavn in 1839 
(from Voyages de la Commission scientifique de Nord: en Scandinavie, en Laponie, au Spitzberg et aux Feroe, pendant les années 1838, 1839 et 1849, sur la corvette La Recherche)

   The book has the following basic structure:
a) an historical, geo-climatically, administrative, ethno-anthropological and linguistic introduction to both Faroe Islands and Carnia;
b) the singling-out of the ethno-cultural identities of the two communities: 
Faroe, a small community-nation; Carnia, a strong regional identity.
c) the two communities amid tradition and change:

Samal Elias Joensen-Mikines: Pilot Whale hunt [grindadrap], 1942

- the Faroe Islands: the bygd and the traditional self-sufficient community economy (fishing, farming, cultivation, fowling, grindadrap). The changing economy connected to: 1) the sea: deep fishing, ship-building; 2) tending towards the new frontiers of tourism;

Carnia: a modern post-industrial economy, which keeps still strong ties with the mountain habitat (wood industry and handicraft, farming, cultivations), but that is also tending towards a stronger touristic development;

d)      the Great Faroe Crisis of the 1990s and emigration.

   Carnia, land of centuries old temporary and permanent emigration (till the 1960s and 1970s);

e) two case studies in comparison: 

the isolated communities of Mykines (Faroe) and Sauris (Carnia).

From the top of the winding access road, overlooking the extraordinary village of Tjørnuvik, Northern Streymoy, embedded in a typical Faroese botnur (narrow valley) (© Franco Pelliccioni)

Stavolo [shed] and in the background the bell tower and the church of S. OsvaldoSauris di Sotto (© Franco Pelliccioni)

   I should add something more about the last section of the book. 

I have naturally thought that it was necessary to focus some more details of the two situations. 

As we have just seen, our two "worlds", the Atlantic-one, and the Alpine-one, are enough comparable between them. According what represents their main characteristic: isolation in the course of ages. So, bringing selected pieces of different cultural realities, and trying to focus them, is a manner, according me, to try to reach a greater comprehensive picture of the entire frame.

   Isolation has strongly affected both the communities of the sea-island of Mykines and of the land-island of the valley of Sauris. 

And just for this reason, it has been practically impossible for me to reach that Faroe island. But not Sauris!

   Both places are heavily menaced by strong depopulation

Both are looking for a new chance to survive in a future selected tourism. 

Both are still experiencing a strong relation man-environment based upon respect. 

So strong is this attitude, that nature in Mykines must be still be valued in all its great importance!

   Both communities have complied totally with their traditional patterns of spontaneous architectures, perhaps more than other places, in the Faroe, as in Carnia.

   Both their peoples may tell outsiders their long, dramatic, life histories. Made of hardship for islanders and for somari (donkeys) - the Sauris men - and dangerous work (especially for the Mykines islanders and fishermen).

   Both have experienced weeks, sometimes months, or no contact at all with the outside world.

   Moreover, it should be also said, Sauris it is, not only an "island" and highland (the highest hamlet is located 1,400 metres above sea level) within the archipelago Carnia: in its turn made of several, little or wide, valleys, places, towns, villages, within the autonomous Friuli-Venezia Giulia region.

   Sauris, as a matter of fact, represents also an ethno-cultural and linguistic separateness from any other parts of Carnia. 

Because it is a German-speaking community, founded in the XIII century by Bavarian farmers

And the place was reached by a military road for the first time in the history only during the Great War. A normal road was builded later, in 1934

Because the four villages, who made this community, were so poor and so unimportant that they couldn't afford, not even with an outside help, the costs of a road!

...

   The distance of the Faroe islands from Denmark, and their rough and wild landscape, that have preserved them from an intense colonization from the European country, combines itself with the obstinacy, the perseverance, the courage, the attachment of the Faroese people to their own language and roots. 

And still: the notable isolation of the archipelago from the rest of the world, as well as of each village and island from all other villages and islands: all this meant that, respect to other archipelagos, the traditional heritage of the original culture, as well as the same life style of these small farmers-breeders and fishermen, have endured very well the wear and tear of time.

Faroese dance â Viðareidi [Island of Viðoy],
by Franz Emil Krause (1836 - 1900)

In the roykstova.
Photo of Johannes Klein. Nationalmuseet, Denmark

   Much is also owed to the oral tradition, an important “school of life”. That has been able to let go by, almost undamaged, the "witness": the past, the fantastic one, but also the real one. 

In the roykstova, in an intimate and moody atmosphere, between hot flashes and sparkles of flames, they would have been again alive the heroes of a mythical past, and those nearer to us and truer. All of them, however, would have offered to the bystanders a small gem of life, of culture, of what in the incoming times would still be the Faroese life style. 

Marked with wisdom, honesty, courage, yet perseverance. Here, between myth and reality, each new generation was informally inculturated

Slowly learning those that were the authentic values of the structure of the Faroese Atlantic Maritime Culture.

...

A Carnian cjargna (kitchen)

  Somebody has defined the Friulan-Carnian culture as a "civilization of the fogolâr" (fire-place). 

As a matter of fact, like in the Fær Øer, the kitchen with his fireplace has always had an important rôle in the community sphere. 

"The union, the meeting that happened between peoples of every age, and of more than a family, around a fire-place was and still partly is today a determinant element of our culture. 

Because in these evenings unions were consolidated and traditions were handed downThese meetings happened almost every evening during the winter periods (...) The host family (...) set out an ample kitchen and in this all settled (...) The men spoke about what did happened to them abroad, of the plans for the following year, of the jobs to do (…) the boys, that were busy with their games (...) instead were a sort of big sponges that absorbed everything!" 

   Just in those same occasions, but also in others, in the "fredde serate invernali trascorse nelle stalle a fare la "file" (vegliare) i vecchi, 

Dio li abbia in gloria, (che) narravano leggende e miti di cui la tradizione orale carnica è ricchissima" [in the cold winter evenings spent in the stables to make the "file" (“keep watch the old people”), God bless them, (that) recounted legends and myths of which the Carnian oral tradition is rich].

From: ARCHIPELAGOS AND ISLANDS AT THE MIRROR. SEA-ONES (FAROE and MYKINES, DENMARK), LAND-ONES (CARNIA AND SAURIS, ITALY)

E-Book, paper version in colour, I and II ed., and in black and white, 111 pages, 90 notes, 105 images (66 belong to the Photo Library of the A.)


Colour I Ed. : https://www.amazon.it/dp/1521472084


"black and white": https://www.amazon.it/dp/1095009621


AMAZON US AUTHOR PAGE: https://www.amazon.com/Franco-Pelliccioni/e/B01MRUJWH1/ref=ntt_dp_epwbk_0 


SUMMARY

1. Preface 

2. An ethno-anthropological approach to two cultural distances 

3. Historical-geographical introduction 

3.1. The archipelago of the Fær Øer

3.2. Carnia (Cjargne)

3.3. Discussion 

4. The ethnic-cultural and linguistic identities 

4.1. Fær Øer, a small "community-nation"

4.2. Carnia, a strong regional identity. 

4.3. Discussion 

5. Man-environment relationship 

5.1. In the Fær Øer: the sea and the islands

5.2. In Carnia: the wood and the mountain.

5.3. Discussion 

6. The two economies between tradition and change 

6.1. Fær Øer: the bygd and the traditional community subsistence economy 

6.1.1. Fishing and grindadrap (the community whale hunting), fowling, cultivation and breeding 

6.1.2 The changing economy: oceanic fishing, shipyards and tourism 

6.2. Carnia: the traditional economy, the alimentary self-sufficiency 

6.2.1. The Carnian modern economy and the wood: industry and craftsmanship; tourism

6.3. Discussion 

7. The great existential crisis of yesterday 

7.1. The great Faroese crisis of the 1990s and the emigration

7.2. Carnia land of temporary and permanent emigration up to the 1960s and 1970s 

7.3. Discussion 

8. Two “islands” at the mirror: Mykines (Fær Øer) and Sauris (Carnia) 

8.1. Mykines (Fær Øer) 

8.2. Sauris (Carnia)

9. Bibliography 

9.1. Fær Øer

9.2. Carnia